Pathfinder 2.0 - Recensione Seconda Edizione





Finalmente la seconda edizione di Pathfinder è arrivata nella sua forma definitiva, recuperabile per ora in inglese in formato digitale e cartaceo. Ci avevo già dato un occhio quando fu rilasciato il playtest unanno fa e l’edizione finale non è stata alterata tantissimo, mantenendo lo spirito intatto.

Andiamo a vedere in ordine l contenuto dei capitoli del manuale delle regole base della seconda edizione, analizzando cosa ci viene offerto e quali sono i cambiamenti.


Introduzione

Il Core Rulebook di Pathfinder ha il compito di essere più libri in uno. Non si tratta solo del manuale del giocatore, che espone le regole per la creazione del personaggio, ma anche il libro del dungeon master e il libro della presentazione dell’ambientazione ufficiale di Pathfinder: il pianeta Golarion. Questo porta ad un pdf di 642 pagine, grande, corposo. Fortunatamente il tutto è ben presentato, facendo uso di numerosi elementi grafici per comunicare velocemente concetti di gioco a colpo d’occhio.

Nell’introduzione si passa velocemente su tutti i concetti di gioco principale e ci si imbatte subito nella nuova metrica al centro di tutto il bilanciamento matematico di Pathfinder seconda edizione: la proficiency, traducibile come competenza in italiano, ma aspettiamo le traduzioni ufficiali.
Questo bonus è legato al livello di competenza che un personaggio ha in una determinata cosa. Può essere competenza nelle armi, in specifiche armature, in abilità o in attacchi speciali. Una competenza nulla porta ad un bonus di +0. Una competenza di livello trained, expert, master e legendary corrispondono a bonus pari al proprio livello più 2,4,6 o 8, rispettivamente. Possiamo quindi aspettare questo bonus variare tra +3 al livello 1 di un personaggio con competenza trained a +28 al livello 20 con competenza leggendaria.
Un range maggiore del +0/+20 del classico BAB o punti abilità spendibili. Questo è compensato riducendo i bonus ottenibili da armi, abilità di classe ed incantesimi. Anche le statistiche dei personaggi sono ferme ad un massimo di 18, un po’ come accade in D&D 5° edizione.

Andiamo ora a vedere come cambiano le regole e lo stile dell’edizione di capitolo in capitolo.

Ancestry e Background

Il nuovo punto di partenza di Pathfinder seconda edizione sono le razze ed il background del giocatore. Sono state pesantemente riviste in base al nuovo modo di generare le proprie abilità e in ottica di portare con se il proprio background del personaggio.

Ora le statistiche base partono tutte da 10. Non c’è più il sistema basato sul comprare abilità da un pool di risorse. Ogni razza scelta fornirà due bonus ed un malus a queste statistiche, con un bonus che rappresenta un +2 ed un malus un -2. Le razze inoltre influenzeranno anche il numero iniziale di punti vita del nostro personaggio. Un flebile elfo contribuirà solo con 6 PV, mentre un nano con ben 10.

La scelta della razza però ora è un qualcosa che vi porterete lungo tutta la carriera del vostro personaggio. Perché a livelli prestabiliti, dovrete scegliere tra i talenti della vostra razza. Questi sostituiscono molte delle abilità prima incluse, come la familiarità delle armi razziali ad esempio e permettono di personalizzare ancora di più il proprio personaggio. Per ogni razza ci sono anche diversi sottoarchetipi tra i quali scegliere, che conferiscono piccoli bonus. Un peccato dover sempre vedere i soliti noti nel manuale base ed aspettare manuali avanzati per le razze più uniche. I goblin sono un’aggiunta simpatica e per certi versi innovativa, ma io preferisco di gran lunga gli stirpeplanare o i tengu.

A questo punto, dopo aver scelto la nostra razza, si passa a scegliere la nostra storia, il nostro background. Questo conferisce numerosi bonus al giocatore. Avremo altri due boost, uno libero e l’altro legato al tema del background. 


Inoltre forniranno allenamento in alcune abilità e daranno un talento d’abilità. Insomma, una scelta molto importante che andrà a definire il proprio personaggio in modo corposo, soprattutto nei primi livelli.
Le razze nel manuale sono: Nani, Elfi, Gnomi, Goblin, Halfing e Umani. I Mezz’orchi e Mezz’elfi sono gestiti come varianti di umani, che hanno accesso ai talenti razzali specifici e di entrambe le razze originali.

Classi

Nel manuale base troviamo le seguenti classi: Alchimista, Guerriero, Barbaro, Monaco, Bardo, Ranger, Campione, Ladro, Chierico, Stregone, Druido e Mago. I soliti noti, con qualche variante e nuova aggiunta. Tutte le classi hanno subito cambiamenti profondi dalle regole di D&D 3.5/Pathfinder e sono per certi versi, più simili a una classe di D&D 4° che ad altre edizioni. I concetti seguiti in ogni aspetto della seconda edizione sono: semplicità e flessibilità.


Ogni classe al primo livello ottiene dei livelli di competenza nei suoi vari aspetti. Anche i tiri salvezza sono legati alla nuova meccanica della competenza. Per esempio, l’alchimista è considerato esperto in tempra, quindi avrà un bonus di +4 al primo livello. Anche la classe armatura dipende da questo parametro ed anche le classi di difficoltà delle proprie abilità.

A questo punto di solito si sceglie tra diverse specializzazioni per la classe, in modo simile a D&D5a edizione o agli archetipi classici di Pathfinder. Le classi hanno poi un avanzamento semplicissimo da seguire perché è uguale per tutti nella struttura. Non ci sono più quelle mega tabelle con i tiri salvezza, il bab e le varie abilità di classe.

 Ora tutte le classi hanno una tabella a due colonne che indica quali talenti selezionare ai vari livelli e quando si ottengono alcune abilità di classe. Ora i talenti sono IL modo con il quale personalizzerete il vostro personaggio.

Ad esempio, sono spariti i domini del chierico come scelta da effettuare alla creazione del personaggio. Sceglierete invece i vari poteri dei domini come talenti a mano a mano che salirete di livello, qualora lo vogliate.

I cambiamenti importanti alle classi sono i seguenti: Il bardo è diventato un incantatore di 9° livello. Esiste il 10° livello di incantesimi, riservato per roba oscenamente potente. Il Paladino è sparito come classe a se ed è diventato una sottoclasse del campione, che ora può essere Legale Buono, Neutrale buono o Caotico Buono. Il Paladino, il Ranger e l’Achimista hanno perso le capacità di incantatori. Possono avere effetti simili scegliendo talenti di classe che donano loro incantesimi speciali, spendibili con una risorsa chiamata Focus, che è comune un po’ a tutte le classi.
Quindi siamo di fronte ad uno scenario dove o lanci incantesimi fino al 9° oppure non sei un incantatore.  Lo stregone sceglie la list di incantesimi da lanciare in base al suo sangue, funzionando praticamente come tutte le classi di incantatore spontaneo in una sola. L’attacco di opportunità è un talento per le classi marziali.

C’è molto da digerire nelle nuove classi. Le opzioni sono tutte mostrate in modo chiaro e ci sono molti modi per dare vita al proprio personaggio, ma molte abilità sono state spostate e/o funzionano in modo diverso. Ovviamente, se questa è la vostra prima edizione del gioco, questi saranno non problemi, ma per i veterani riaggiustarsi richiederà del tempo, fortunatamente non molto.
Tutto il sistema fa un uso esagerato di etichette, neanche fossimo a navigare i giochi su Steam. Questo permette di capire in maniera rapida sia l’effetto meccanico di certi talenti, che quello più concettuale di fluff. 

L’altro cambiamento molto importante è quello degli archetipi, diventati il tratto distintivo di Pathfinder prima edizione per la personalizzazione della classe del proprio personaggio. Ora gli archetipi sono la soluzione al multiclasse. Una volta selezionato un archetipo corrispondente ad una delle classi base, quando si sale di livello è possibile selezionare a scelta o un talento della propria classe o un talento dell’archetipo.

Ad esempio, scegliendo l’archetipo del mago, al secondo livello, posso scegliere il talento wizard dedication, che mi rende in grado di lanciare incantesimi arcani, anche se solo cantrip. Procedendo, si acquistano sempre più capacità di lanciare incantesimi. Ecco quindi che scegliendo un Guerriero – Archetipo Mago o viceversa volendo, si è creato un Gish, un ibrido.

Il manuale ci tiene a dire come questi archetipo possono essere sia di classe che multiclasse. Quindi mi aspetto che nelle pubblicazioni future, ce ne saranno molti, anche se spero meno del numero attuale di archetipi, che trovo un po’ eccessivo.

Mi piacciono le classi ridisegnate così? In linea di massima Si. C’è da vedere quanto sia il tutto digeribile dai giocatori.

Abilità

Le abilità rappresentano le capacità dei vari personaggi in svariati campi di applicazione. Abilità con il proprio corpo di scalare, nuotare, saltare, o quanto siano informati sul mondo della magia arcana o quanto siano abili nel mentire alla gente facendo passare per verità palle colossali.


Le abilità sono solo 17, ma i loro usi sono molteplici e si dividono per uso con o senza competenza. Il tutto è presentato in modo più schematico e chiaro e la riduzione delle abilità totali aiuta molto nel gestire il proprio personaggio. Molto utile la distinzione in attività usabili in battaglia, in esplorazione e per periodi a lungo termine di riposo, con molte abilità in grado di far guadagnare i personaggi, non solo la solita abilità dell’artigianato.



Tirando le somme, abbiamo un maggior chiarimento degli usi delle abilità ed un minor numero da tenere traccia, il tutto a beneficio del giocatore. Non c’è una perdita di complessità, assolutamente.
Le abilità però non sono un mero elemento statico come in passato, ma sono in grado di evolversi nel tempo, grazie ai talenti, che spiegherò nel capitolo successivo.

Talenti

I talenti svolgono un ruolo importante perché sono il modo con il quale si evolve non solo il personaggio in modo generale, ma soprattutto le abilità. I talenti ora hanno un livello ad esso associato, che ne limita l’acquisizione da parte di un personaggio fino a quando non sarà di livello uguale. Un buon modo per regolare e bilanciare il gioco a mio avviso.
 I talenti slegati dalle abilità sono davvero pochi, a malapena 17. Abbiamo in questa categoria il classico Iniziativa migliorata, qui resa con il termine Incredible Initiative.
I restanti talenti, che sono  ben più di 50 (non mi andava di contarli) si focalizzano sulle abilità. Oltre a prerequisiti di livello, hanno spesso prerequisiti di livello  di competenza. Guardiamone un paio per capire di cosa stiamo parlando.

Battle Cry è un talento di abilità generale di livello 7. Richiede essere di grado master in intimidire. Questo talento permette di eseguire un urlo di battaglia durante il tiro per l’iniziativa, andando a demoralizzare i nemici. Quando si è di grado master in intimidire, è possibile usare questa abilità come reazione dopo un attacco andato a segno.


E su questa riga sono costruiti un po’ tutti i talenti. Aprono nuove possibilità equeste crescono con il personaggio. Con un talento per esempio ogni personaggio esperto in natura, può avere un compagno animale, anche se ovviamente il Druido sarà la classe perfetta per una build con compagno animale.
Come impianto lo trovo positivo, in fondo i talenti erano spesso “inutili” tanti con semplici bonus numerici fini  se stessi e si gravitava sempre sugli stessi talenti. 

Ora c’è sicuramente più varietà ed importanza anche se è una meccanica a rischio di bloat, che potrà riempirsi a schifo con gli anni. Da questo punto di vista preferisco D&D 5° che elimina i talenti completamente o comunque li rende opzionali con effetti molto importanti, ma c’è da apprezzare lo sforzo fatto dalla Paizo in questa edizione.

Equipaggiamento

Nella sezione dell’equipaggiamento impariamo come la classe armatura dipende anch’essa dalla competenza.  Il resto dell’equipaggiamento presentato in questo capitolo è abbastanza standard e rispecchia le vecchie edizioni. Le armature hanno limiti alla destrezza massima, riduzione della velocità, le armi possono essere a portata, agili, pensate per l’uso con la destrezza e via dicendo.

Gli scudi sono gli unici che hanno subito un cambio. In primis perché ora per sfruttare il loro bonus alla classe armature c’è bisogno di spendere un’azione per alzare lo scudo. 

Inoltre, la loro durezza è molto importante in quanto esiste il talento di livello 1 chiamato Shield Block, che permette di usare la propria reazione per porre il proprio scudo tra l’attacco e se stessi, riducendo il danno del valore della durezza. Il danno in eccesso viaggia sul giocatore e sullo scudo, potenzialmente rompendolo. Un cambio di meccanica molto profondo per quel che è sempre stato un bonus statico ed al massimo un’arma. Ogni arma ha ora un effetto critico particolare e il capitolo spende il tempo nel presentarveli tutti.




Le armi ed armature ora hanno un livello associato, ma non ci sono limitazioni nell’utilizzo come poteva essere in Starfinder. In questo caso ci si limita a dire che oggetti di livello più alto dei PG possono essere sbilanciati per l’esperienza. Sono un comodo indicatore.
Il resto del capitolo descrive oggetti di uso comune per un avventuriero.

Incantesimi

Gli incantesimi hanno subito alcune alterazioni in questa seconda edizione di Pathfinder. Le tradizioni di incantesimo non sono più due, ma quattro. Arcana, Divina, Primale e Occulta. Se il mago ed il chierico rimangono con le loro classiche Arcana e Divina, il Druido  farà uso della Primale mentre il bardo dell’Occulta. Lo Stregone sceglierà in base al proprio sangue.  Questo permette una maggiore differenziazione negli scopi della magia e dovrebbe diminuire la necessità di dover creare delle liste di incantesimi custom per ogni dannata classe.

L’altro cambio importante per gli incantesimi è la sparizione delle versioni multiple di incantesimi, andando ad adottare lo stesso sistema di D&D 5°. Un incantesimo di 1° livello lanciato come incantesimo di 2° livello sarà più potente se è previsto nella descrizione. Questo elimina ad esempio tutti gli incantesimi di “cura ferite”. Prima esisteva la versione leggere, pesanti, serie, critiche e via dicendo. Ora esiste un singolo incantesimo di cura che ripristinerà più punti vita se viene lanciato con uno slot più alto. Non solo, ma gli incantesimi hanno tempi di lancio vari ed alcuni incantesimi saranno più potenti se si impiegherà tutto il round nel prepararli e lanciarli. Le componenti per gli incantesimi rimangono i soliti materiali, somatiche, verbali e con focus.


I Cantrip, gli incantesimi di livello 0, anch’essi funzionano come in D&D 5° edizione, ovvero si potenziano con l’amento di livello e sono il metodo di attacco preferenziale per i maghi. Il buon vecchio spruzzo acido passa da 1d6 appena iniziata la propria avventura a 4d6 + modificatore d’abilità ed altri danni continui e da esplosione.


Ci sono un po’ tutti i soliti noti, anche se qualche incantesimo può sembrare castrato nel fluff, come desiderio, ora di 10° livello, e dove non si spende molto tempo nel descrivere la sua possibilità di alterare la realtà, riducendolo quasi al mero ruolo di replicatore di incantesimi.
Le classi he hanno accesso ad incantesimi Focus ovviamente hanno tali magie descritte in questo capitolo. Inoltre, in questa edizione compaiono i rituali, incantesimi che tutti possono lanciare, ma che richiedono un lungo tempo di lancio e molta preparazione. Alcuni degli effetti più potenti e meno “da battaglia” sono stati spostati qui, come molti incantesimi per comunicare o evocare con esterni o spiriti o per consacrare/dissacrare luoghi.
Ah, si, nonesiste più il fallimento di incantesimi arcani dovuti all’armatura, come in D&D 5°. Finalmente.

L’era delle profezie perdute

In questa sezione abbiamo una veloce introduzione all’ambientazione di Pathfiinder, quindi il mondo di Golarion. Molto bello come il mondo avanzi nel tempo. Infatti, numerosi sono i riferimenti alle avventure pubblicate da Paizo, che hanno alterato in svariati modi l’intero scenario del mondo. Le pagine a disposizione non sono molte, ma danno una buona idea di massima. Io in generale reputo l’ambientazione davvero sfiziosa, essendo un miscuglio di praticamente tutto.

Giocare al gioco

Questa è la parte più importante perché presenta le tante, nuove differenze meccaniche che vanno a dare a Pathfinder Seconda Edizione un’identità propria, che si stacca finalmente dall’eredità oramai pesante di D&D 3.5, ma di D&D in generale.
Come ho già detto in precedenza, la nuova regola base è la proficiency, la competenza dei vari personaggi. A questa si aggiunge l’ampliamento del concetto di successo o fallimento. Ora l’1 o 20 naturale servono a poco. Se si supera in positivo la classe difficoltà di un tiro di 10 punti o più, si ha un successo critico. Un fallimento critico se accade l’opposto. Questo si ripercuote su diverse meccaniche.


Il gioco è poi diviso in modo molto più organico in tre distinte sezioni. Encounter, Exploration e Downtime, cioè incontro, esplorazione e periodo di pausa, diciamo. In ognuna di queste sezioni i giocatori hanno azioni precise che possono compiere per arrivare ad un risultato. Ne consegue una gestione molto più fluida di ogni situazione.

Il combattimento è quello che è cambiato di più. O forse no. Svaniti sono i turni con azioni di movimento, attacchi base e attacco di round completo, sostituiti da un sistema dove ogni personaggio ha 3 azioni a disposizione da spendere come vuole. Questo sistema è meccanicamente simile a quello proposto in pathfinder Unchained e che io stesso ho provato nelle mie campagne. Io la ritenni al tempo la cosa più bella fosse mai accaduta a Pathfinder, in quanto il sistema da solo alterava radicalmente il modo di giocare in un modo che avesse senso. Era allo stesso tempo una semplificazione di un sistema oramai troppo impacciato, che però lasciava una profondità tattica notevole. Quel sistema ora è alla base di tutto.

Spariti gli attacchi iterativi, ora tutti possono sempre eseguire 3 attacchi a penalità crescente, dal primo livello. Svanita è l’iniziativa come tiro a se, ora sostituita da un tiro sulla percezione o su un’abilità che ha senso nel contesto.
C’è una risorsa di punti eroe, che può essere usata per evitare la morte o uscire da una brutta situazione e sono dati dal master come ricompense per buon ruolaggio o il buon prosieguo dell’avventura.
Assolutamente fantastico ed ora Pathfinder quando si gioca si sa che si sta giocando a Pathfinder, non a D&D rifatto.

Game Master

In questa sezione ci sono i soliti consigli al Game Master su come gestire una partita. Da come impostare le difficoltà dei tiri a come gli elementi del mondo influenzano matematicamente il giocato, a consigli più pratici e meno matematici. Serve a tutti coloro i quali vogliano intraprendere il compito di guidare il gioco. Devono avere una buona idea di tutte le regole dei giocatori e delle regole solo per loro.

Artigianato e tesori

In questa sezione si va ad esplorare un po’ meglio come gestire l’arte dell’artigianato, cioè quella della creazione di oggetti e sono presenti armi, armature ed oggetti magici vari ed eventuali. C’è un limite a quanti oggetti magici si possono indossare come D&D 5° edizione.
I bonus di armi ed armature si sono ridotti e lavorano con le rune magiche applicate su di esse. Ci sono praticamente delle rune base che danno il classico bonus di +x alla classe armatura o a colpire ed i danni, ma si fermano a +3 invece del vecchio +5. 


Dopo aver potenziato le armi in questo modo, è possibile andare ad aggiungere effetti particolari, da danni elementali ad altri più particolari. Non mancano le bacchette, i bastoni magici e le sempreverdi verghe inamovibili.



La novità riguarda gli oggetti alchemici, ora espansi e che entrano di prepotenza nel gioco con la classe dell’alchimista, che interagisce con essi in modo molto più profondo che in passato. Non avendo più una list di incantesimi, ora basa le sue abilità sugli oggetti “normali”, potenziandoli con le sue abilità di classe.
Questa sezione è forse la più povera e c’è sempre la possibilità di espandere. Chiamatemi uno un po’ all’antica, ma io adoro i manuali che si concentrano solo sul presentare un gozzoviglione di oggetti magici unici per i giocatori.

CONCLUSIONE

Malgrado le 3400 circa parole scritte finora, ho solo raschiato la superfice della nuova edizione di Pathfinder. Possiamo dire che questa edizione si prefiggeva degli obiettivi ambiziosi.  Doveva risolvere: l’economia delle azioni del gioco. Il problema dell’ottimizzazione e del bilanciamento, in quanto era troppo facile costruire personaggi meccanicamente inutili, anche senza scomodare il ladro ed il monaco. Doveva risolvere troppe incongruenze tra le regole retaggio della 3.5. Doveva armonizzare le scelte del giocatore su tutto il range delle sue classi. Davvero, guardate quanto più complessa è una classe Occulta rispetto al Chierico. E doveva trovare la sua identità come gioco.

Ci riesce? Così, ad una prima lettura, posso dire di sì, che centra e risolve tutti i problemi. Non sto dicendo che si il sistema perfetto, tutt’altro. Ma il lavoro svolto ha creato una nuova, solida base per giochi di ruolo da qui in avanti. Starfinder non mi aveva convinto più di tanto. Era un passo di lato, che peggiorava solo un sistema rotto alla radice. Ora mi vien da dire che Pathfinder seconda edizione può sedersi comodamente insieme a D&D5a edizione tra i giochi di ruolo Fantasy “moderni”. Design molto più semplici, che fluiscono meglio nella mente del master e soprattutto in quella dei giocatori.  Purtroppo ha da se il gravoso compito di ripartire da 0. Ora offre poca scelta rispetto al vecchio Pathfinder. Ma se D&D 5° edizione ha dimostrato una cosa al mondo, è che si può fare un gioco di successo con 4 manuali in croce e con le sole classi e razze base. 

Stay Classy, Internet.

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01 09 10