Tutto sull'Auto Elettrica


Dopo aver provato a parlare un po' della mia Zoe ed aver fatto una corposa panoramica sulle tecnologie delle auto ibride, dove spiego un po' il cambio di paradigma tra il motore endotermico e quello elettrico e come questi si possono incontrare, ora è arrivato il momento di parlare solo dell'Auto Elettrica e della tecnologia ad essa connessa.



L'Auto Elettrica è tra noi e stando alle dichiarazioni dell'Europa e di tutti i costruttori di auto, è qui per rimanere e diventare il nuovo cuore propulsivo della trazione su ruote privata e pubblica, dopo essere stata relegata solamente all'uso ferroviario per diverse decine di anni. Questo è un cambiamento epocale non solo perché la filiera delle auto dovrà cambiare di molto, ma anche perché chi poi le auto le usa, chi ne è appassionato, vede anni ed anni di esperienza e conoscenza finire buttati al vento. 

Io sono sempre stato appassionato della tecnologia del motore elettrico. È un oggetto un po' magico se ci vogliamo pensare e tra il mio percorso di studi e lavorativo sono finito per scoprirlo sempre più a fondo. Questa guida servirà per spiegare un po' tante logiche e meccanismi dietro questa tecnologia.


Fondamenti di Elettrotecnica 

Cenni Storici

Il problema principale del mondo dell'auto elettrica è principalmente questo: la gente sa davvero poco di elettrotecnica ed elettromagnetismo. Io onestamente ricordo di aver fatto qualcosa nelle ore di fisica al liceo, ed, in tutta sincerità, vedo persone che escono dagli istituti tecnici ad indirizzo specifico che sanno navigare questo mondo, ma in generale è un qualcosa che se non si persegue attivamente nella vita lavorativa, tende a sparire.

Con le automobili invece, essendo un oggetto comunque usato tutti i giorni e che ci obbliga a fare un corso in scuola guida per imparare ad operare il mezzo in sicurezza, qualche conoscenza in più, basilare, circola. E non è difficile trovare persone che ne parlano appassionatamente, per puro piacere ed interesse personale. 

Con l'auto elettrica dobbiamo un po' ricalibrare il tutto.


Quello che oggi definiamo con termini come elettricità o elettromagnetismo è sempre esistito, e l'uomo ha iniziato a provarci a capire qualcosa sin dal 600 a.C, andando a guardare gli effetti dell'Ambra ad esempio. Se questa resina veniva sfregata, iniziava ad attirare altri oggetti a se. 


Siccome l'ambra in greco antico si chiamava ἤλεκτρον, electron, il termine è stato poi adottato per definire tutti i comportamenti fisicamente simili. Però l'elettricità è una cosa bella complicata e, praticamente è dal 1700 in poi che si iniziò a fare sul serio per capire il fenomeno e trovare modi per utilizzarlo in qualcosa di produttivo.

Nello studio dell'elettricità, si notò come il fenomeno era strettamente legato ad un altro: quello del magnetismo. Il fisico e matematico scozzese James Clerk Maxwell fu l'uomo cardine, che produsse delle equazioni che portano il suo nome, le equazioni di Maxwell, che spiegano e caratterizzano l'interazione elettromagnetica. Capendo come legare l'elettricità al magnetismo, si è poi arrivati a produrre il motore elettrico.

Ma andiamo per gradi.

Fisica del fenomeno

Oggi sappiamo che la materia è composta di atomi. Questi atomi sono composti da tre elementi. Un nucleo contenete neutroni e protoni, ed elementi mobili che girano intorno al nucleo detti elettroni. Sappiamo che gli elettroni ed i protoni sono elementi dotati di carica elettrica, cioè di una capacità innata di esercitare una forza contro altri oggetti dotati di carica. 

Le cariche assumono due diversi stati che definiamo come carica negativa e carica positiva. Cariche con lo stesso segno esercitano tra di loro una forza che porta ad allontanarsi, mentre cariche opposte tendono ad avvicinarsi. I protoni dei nuclei hanno una carica positiva, mentre gli elettroni una carica negativa.


In alcuni determinati materiali, gli atomi sono disposti in modo tale da permettere il passaggio di elettroni tra gli atomi. Questo è alla base di poi tutte le applicazioni che abbiamo trovato per l'elettricità. Abbiamo trovato il modo di controllare questo movimento di elettroni, che spostandosi da un punto all'altro riescono a generare effetti utili.


Questi effetti derivano da quattro relazioni espresse dal suddetto Maxwell. 

  • Cariche elettriche si attraggono o respingono con una forza inversamente proporzionale al quadrato della distanza tra di loro. Ovvero: se raddoppio la distanza tra le cariche, la loro forza diventa quattro volte inferiore. Cariche uguali si respingono, mentre cariche diverse si attraggono.
  • I poli magnetici si attraggono o respingono in modo simile a quello delle cariche elettriche. Ogni polo magnetico esiste in coppia. Per ogni polo nord c'è un polo sud.
  • Una corrente elettrica che scorre dentro un cavo crea un campo magnetico circonferenziale fuori dal suddetto cavo. La sua direzione dipende dalla direzione della corrente nel cavo.
  • Una corrente viene indotta all'interno di un cavo quando questo è mosso verso o via da un campo magnetico, oppure se avvicino o allontano un magnete al cavo. La direzione di questa corrente dipende se il movimento è in una direzione o nell'altra.
E tutto questo nel 1873. Iniziando a leggere queste relazioni, si possono iniziare a pensare modi di utilizzo. Allora, se prendo dei cavi e faccio si che gli elettroni si muovano all'interno di essi, questi mi generano un campo magnetico. Questo campo magnetico ha un polo Nord ed uno Sud. Poi prendo un magnete, lo metto dentro questo campo magnetico in una posizione casuale e lui si girerà da solo allineandosi al campo magnetico che creo io. 


Se poi inverto il verso della corrente, il campo magnetico cambia verso ai poli N e S, invertendoli. Quindi il magnete riprenderà a muoversi per allinearsi. Se cambio verso alla corrente nel cavo sufficientemente velocemente, il magnete inizierà a ruotare velocemente. 

E se ci attacco una ruota, la ruota girerebbe di continuo! HO UN MOTORE ELETTRICO!
Lo so, ho fatto una super semplificazione, ma credo che sia valida per quantomeno illustrate i passaggi logici che hanno portato alla creazione di un motore elettrico partendo da delle leggi semplici e comprensibili, senza addentrarci troppo nella matematica.

Tutti questi fenomeni hanno quindi richiesto nuove unità di misura per poter essere descritte e quantificate. E quindi sono spuntate fuori tante nuove unità di misura dedicate ai tanti studiosi del fenomeno.

Le più importanti sono:
  • I Volt, che indicano la tensione elettrica o differenza di potenziale elettrico se preferite. Indicati con V.
  • Gli Ampere, che indicano la corrente elettrica I ed abbreviati in A.
  • I Tesla, che indicano la densità di flusso magnetico B, indicati con T.
  • I Coulomb, che indicano la carica elettrica Q, ovviamente abbreviati in C.
  • Gli Ohm, indicati con la lettera Ω, che indicano la resistenza elettrica, individuata con R.

Queste grandezze sono tra di loro legate in modi descritti da equazioni.



La più importante è la Legge di Ohm
Questa mi determina la relazione tra resistenza, corrente e tensione.

I = V/R

Come ogni formula, bisogna leggerla attentamente per capire come mi sta dicendo.

Questa formula mi dice che se applico una differenza di potenziale al campo elettrico ai capi di un conduttore, all'interno di esso scorrerà una corrente direttamente proporzionale alla tensione applicata e inversamente proporzionale alla resistenza che il conduttore offre al passaggio degli elettroni.

Il modo migliore forse per vedere questo meccanismo è attraverso un'analogia idraulica. Immaginate di avere due contenitori d'acqua. Uno è più in alto dell'altro. La distanza tra questi contenitori è la tensione elettrica. Maggiore questa sarà, più l'acqua, tenderà a scorrere copiosa (più corrente). Se il tubo è stretto però (alta resistenza), l'acqua che potrà passare, nonostante la differenza di altezza, sarà comunque poca. 

L'altra relazione molto importante è quella che ci permette di calcolare la Potenza elettrica.

P = VI.

Se ho una corrente di 3 Ampere che circola in un sistema la cui differenza di potenziale è di 200V, la potenza elettrica è di 600 W. Indica il lavoro elettrico compiuto per unità di tempo. Questa relazione tra le unità di misure elettriche ed i Watt, è quello che poi ci permette di mettere in relazione ciò che accade nel mondo elettrico con quello che accade nel mondo meccanico quando andremo a parlare delle auto.

Alternata vs Continua

Una delle grandi guerre del mondo dell'elettricità che vide contrapposti due geniali inventori, Nikola Tesla e Thomas Edison, fu quella tra corrente alternata e corrente continua. Perché? Cosa vuol dire? L'elettricità non è una sola?


Si, l'elettricità è una sola, nel senso quello che accade alla fine è la stessa cosa, degli elettroni si muovono in un conduttore quando sentono una differenza di potenziale ai capi di esso. Solo che tecnologicamente abbiamo due possibilità di spostare questa carica.

La corrente alternata si chiama così perché il flusso degli elettroni inverte la sua direzione nel tempo. È una corrente che va avanti ed indietro di continuo. La grandezza che usiamo per descrivere questo fenomeno è la frequenza, misurata in Hertz, Hz, ed indica quante volte in un secondo avviene un qualcosa, in questo caso l'inversione.

Questo cambiamento non è istantaneo, ma avviene gradualmente ed è rappresentato matematicamente attraverso un'onda sinusoidale. 

La corrente continua invece fluisce sempre nella stessa direzione

In termini applicativi questa cosa ha un effetto molto evidente. Se state collegando un sistema che utilizza una corrente alternata, non ha importanza l'ordine di collegamento dei fili che portano l'energia. Tanto la corrente andrà sempre su e giù. Invece, in un sistema a corrente continua, se non rispettate correttamente il verso, al meglio non funziona, al peggio si brucia. 

Queste due tecnologie hanno diversi punti di forza e debolezze e la loro adozione nel tempo è cambiata nei vari ambiti seguendo l'avanzamento tecnologico.

La corrente continua ha il vantaggio di poter essere usata insieme a delle batterie. Con un flusso in entrata in una batteria la stivo per poi recuperarla con un flusso inverso in uscita dalla batteria. Capite che un flusso alternato, che cambia continuamente verso non ha il minimo senso.
La corrente alternata però agli inizi del 19° secolo era più semplice da gestire. Era possibile cambiare tensione di utilizzo con trasformatori molto più semplici, le perdite di energia per il trasporto a lunga distanza potevano essere minimizzate.
Inoltre, i sistemi che generavano corrente elettrica, usando organi rotanti come le turbine, generavano naturalmente una corrente alternata.

Oggi abbiamo l'elettronica che permette di fare praticamente qualsiasi cosa con l'elettricità.  Alterarne frequenza, tensione, potenza, qualsiasi cosa. Ma in un mondo senza questa possibilità, avere la possibilità di generarla ed usarla direttamente, collegandola direttamente ad un motore elettrico corrente alternata ad esempio, senza complicarsi la vita ha vinto.


Oggi quindi abbiamo la corrente alternata, organizzata in trifase e monofase, che viene generata così dalle turbine delle centrali elettriche, viene trasformata in altissima tensione per poter essere trasportata con perdite minime in stazioni, che ne abbassano la tensione fino ai 380V trifase e 230V monofase che poi noi usiamo. 

Questa differenza è per una questione pratica. La corrente trifase, avendo tre fasi con le quali trasporta potenza, è più indicata per un uso industriale, dove vengono impiegate potenze maggiori e dove la consistenza di erogazione è primaria. Nelle case, per semplificare costruzione e logistica, basta una sola fase per gestire ogni necessità.

All'alternata si affianca la continua, usata in ogni cosa che ha dette batterie ed ogni apparato elettronico. Il tutto con comodi e pratici trasformatori che oramai ci permettono a bassissimo costo di passare tra le due forme.

Motore Elettrico - Principio di funzionamento

Abbiamo già espresso un po' qual è il principio di funzionamento del motore elettrico quando abbiamo visto le interazioni come sono descritte da Maxwell.

Non so se avete mai giocato con i magneti da piccoli. Io avevo qualche Lego con pezzi magnetizzati ed altri miei coetanei aveva molti Geomag. Una delle cose più divertenti da fare era sempre spingere un magnete contro l'altro, facendolo muovere a distanza, o cercare di portarsi a spasso un magnete guidandolo con uno di carica opposta, evitando di farli entrare in contatto.

Il punto sta proprio nel come prendere queste interazioni magnetiche e renderle continue.

Con i geomag ce ne rendiamo conto. Per continuare a far muovere i magneti tra di loro io devo muovere il mio braccio. Devo introdurre potenza nel sistema per mantenere i magneti separati o vicini. Se io non faccio nulla i magneti si attaccano o si allontanano fino a rimanere fermi.

L'idea sta quindi nel far si che uno dei campi magnetici sia totalmente controllabile, così da fagli cambiare il verso della polarità di continuo, così da costringere un magnete fisso ad inseguirlo costantemente. Qui sotto potete vedere lo schema più semplice di motore elettrico in corrente continua. La corrente esce dalla batteria, entra nel conduttore di rame e per le interazioni di maxwell, si genera una forza elettromagnetica che mette in rotazione il corpo.


In questo caso, stiamo lavorando con la corrente continua. Esistono quindi dei componenti fisici, le spazzole, che cambiano il loro punto di contatto alla rotazione del corpo centrale, portando al cambio della direzione di corrente nella parte rotante così da farla ruotare di continuo. Questo è il motore a spazzole in corrente continua. 

Sfruttando in modo corretto però la corrente alternata, si può usare il suo naturale cambio di direzione per muovere questo sistema senza parti in contatto e questa intuizione è alla base del motore di Nikola Tesla. Quindi se riesco a farlo cambiare col giusto tempismo, il magnete fisso girerà in modo fluido e con forza ed io posso attingere potenza meccanica da questa sua rotazione.

Il motore elettrico si compone quindi di due pezzi in sostanza. Uno statore, che è la parte che sta ferma, ed il rotore, che invece è la parte che ruota e dalla quale posso interagire con il mondo esterno.

Un dei grandissimi vantaggi del motore elettrico è che è non solo una macchina in grado di trasformare potenza elettrica in potenza meccanica, ma anche di fare l'opposto. Proprio perché un campo magnetico induce una corrente, è possibile mettere in rotazione un rotore per trasformare potenza meccanica in potenza elettrica.

Negli anni sono stati pensati tantissimi modi di far funzionare questo meccanismo ed i motori elettrici possono essere divisi e categorizzati in davvero tanti, tanti modi. In questo articolo mi concentrerò solo sui più famosi per l'uso nelle auto elettriche.

Classificazione di Motori Elettrici - Autotrazione

Asincrono

Il motore Asincrono in corrente alternata, spesso chiamato semplicemente motore AC per farla breve o a volte motore ad induzione in riferimento ad uno dei suoi meccanismi di funzionamento.

Il primo motore elettrico ad induzione asincrono fu inventato indipendentemente dall'italiano Galileo Ferraris nel 1885 e da Nikola Tesla nel 1887. Quindi si, noi italiani al tempo eravamo sul pezzo anche per i motori elettrici. È diffusissimo e da soli usano il 50% dell'energia dell'unione europea, perché nelle fabbriche sono ovunque.

Questo motore ha come particolarità quella di non avere magneti al suo interno, ma sfrutta il principio dell'induzione elettromagnetica per funzionare. 

Lo statore ha al suo interno numerosi fili di materiale conduttore. Il termine per indicarli è avvolgimenti. Opportunamente spaziati generano un campo magnetico che ruota con la stessa frequenza della rete. Quindi se si usa corrente a 50Hz, il campo magnetico andrà a 3000 giri al minuto. Perché 1 Hz vuol dire 1 volta al secondo, quindi 50 volte al secondo sono 3000 volte al minuto. 


Questi motori possono essere monofase, bifase e trifase. Nella sperimentazione furiosa sulla fine del 19° secolo ed inizio del 20°, si è arrivati ad una sintesi tra motore trifase e corrente trifase industriale in grado di accoppiarsi meravigliosamente.

Sul rotore è presente un secondo avvolgimento. Quando questo si trova immerso nel campo magnetico generato dallo statore, avviene la magia. 

Secondo i meccanismi descritti da Maxwel e colleghi, questo avvolgimento si ritrova con delle correnti indotte da questo campo magnetico rotante. Queste correnti a loro volta generano un campo magnetico rotante. Questo inizia ad interagire con il campo generato dal rotore e inizia ad inseguirlo portando il rotore a girare.

E così abbiamo il moto. Si chiama motore asincrono perché la velocità di rotazione dei due campi magnetici non è avviene alla stessa velocità proprio per via delle loro interazioni, con il rotore che andrà più piano dello statore.

Potete capire questo design perché abbia stravinto storicamente. Ho tre fasi sullo statore, lo collego alla corrente trifase della fabbrica e BLAM, funziona. Non ho bisogno di nient'altro in mezzo. Per farlo andare più piano poi potevo lavorare con la meccanica, mettendogli un bel riduttore così da tirare fuori le coppie e velocità che più mi servivano.

L'efficienza di questo motore è alta, a pieno carico si parla del 85-97%. Sono di semplice costruzione, ed hanno una densità di potenza molto elevata. 

La loro usabilità negli anni è stata migliorata enormemente grazie all'elettronica. Esiste uno strumento, comunemente chiamato Inverter, che ha il compito di prendere un tipo di corrente in ingresso e trasformarlo in un altro in uscita. Possono prendere corrente in corrente continua e trasformarla in trifase o prendere una monofase dalla rete e trasformarla in una trifase.

Qui a fianco potete vedere un Inverter industriale integrato direttamente su un motore trifase.

Questa corrente in uscita può avere ogni valore di tensione e di frequenza che io voglia all'interno dei limiti dell'Inverter progettato ovviamente. La variazione della frequenza permette ad esempio di variare la velocità del motore rendendolo in grado di operare a velocità inferiori o maggiori a quella di rete. 

Usando complesse equazioni matematiche per la generazione della giusta forma d'onda da mandare al motore, è possibile far lavorare il motore ad induzione davvero molto meglio. Per capirne pro e contro però, occorre introdurre anche l'altro motore usato nella trazione. Il motore sincrono.

Sincrono

Il motore sincrono è un motore che ha la velocità di rotazione dello statore e del rotore sincronizzate.

A livello di struttura dello statore, non cambia poi molto con i motori ad induzione. Abbiamo sempre degli avvolgimenti trifase opportunamente spaziali e progettati per il livello di potenza che vogliamo gestire.

Quel che cambia è lo statore. Invece di avere un avvolgimento che si magnetizza dopo che lo statore ha ricevuto energia, c'è un qualcosa che è sempre magnetizzato. E cosa è sempre magnetizzato? Un magnete per esempio.

Ecco quindi che sullo statore ci sono dei magneti e la loro forma, posizione e struttura cambia massivamente le performance di questo motore.

Avere i magneti pre-eccitati permette al motore di essere più reattivo rispetto ad uno ad induzione, in quanto non c'è il meccanismo di induzione che deve accadere prima di produrre un effetto. 

Parliamo di passare da un centinaio di millisecondi a millisecondi, tempi comunque bassi rispetto a quelli di un motore endotermico.

I magneti possono essere disposti sulla superfice del rotore, andando a definire i motori come SPM, cioè a magneti permanenti superficiale, oppure inseriti nel rotore stesso, diventando degli IPM, magneti permanenti interni. Questi ultimi vanno a sfruttare un secondo meccanismo di induzione magnetica, detto riluttanza.

Senza andare a complicarci troppo la vita, si va a indurre un polo magnetico non permanente nel rotore ferromagnetico che non ha avvolgimenti. La presenza di magneti insieme a questo meccanismo di riluttanza, permette di aumentare la densità di potenza, producendo motori molto compatti per la loro taglia.

Ora, abbiamo quindi i motori asincroni che sono in grado di sbattere a terra un sacco di potenza, ma sono più ingombranti in media. Grazie alla loro capacità di poter regolare la corrente indotta sul rotore possono andare a ridurre le perdite di energia dovute alla magnetizzazione e quindi risultano essere più efficienti a regimi di rotazione più bassi rispetto ai sincroni con magneti, che invece hanno una magnetizzazione fissa. Questo meccanismo si accentua mano a mano che la potenza aumenta, in quanto un motore con magneti dovrà usarne di più grandi e potenti. D'altro canto, il motore con magneti riesce ad occupare meno spazio e pertanto è molto utile in tutti i sistemi ibridi dove deve coesistere con un motore endotermico.

Altra differenza tra i due è il calore. Nel motore ad induzione, c'è il calore generato dal rotore per le correnti indotte. Nel motore con magneti questo non avviene e quindi hanno bisogno di sistemi di raffreddamento più semplici.

In questo scenario entra il motore sincrono a rotore avvolto, usato dal gruppo Renault. Questo motore ha un rotore con avvolgimenti, ma invece di essere indotto dal campo rotante dello statore come negli induzione, ci sono dei contatti elettrici che magnetizzano direttamente il rotore. Questo permette di regolare la magnetizzazione del rotore separatamente dallo statore, avendo la reattività di un motore a magneti permanenti e l'efficienza ai bassi regimi di un motore asincrono. Non è però il santo graal.

Nessuna di queste soluzioni è la migliore in senso assoluto e i numerosi brevetti nel campo spesso precludono ad alcuni costruttori determinate strade. Dopo aver capito quali sono gli elementi a contorno del proprio progetto, quindi ingombri massimi, potenza che si vuole, velocità massima, costi e via dicendo, si buttano tutti i dati in potenti software di simulazione e si vanno a soppesare i benefici di una soluzione rispetto all'altra.

Forse l'esempio migliore di tutti è la Tesla. Nei modelli S e X definiti Raven, usavano un motore definito PMSR, un sincrono a magneti interni spiegato sopra, sulle ruote anteriori, mentre sulle posteriori rimaneva presente uno o due motori ad induzione. Sulla Model 3 con due motori è invece l'opposto: PMSR sul retrotreno e induzione sull'avantreno.

Nel gruppo Renault invece si usano i motori a rotore avvolto per le EV pure, come la Twingo o la mia Renault Zoe, mentre tutte le auto con motori ibridi E-Tech hanno dei motori a magneti permanenti. Se la Ioniq 5 ha una coppia di motori sincroni a magneti permanenti, Mercedes per la sua EQC ha scelto due motori asincroni.



Questa occhiata è stata veloce ed è assolutamente una visione parziale, ma credo trasmetta il giusto concetto alla base. Il principio di funzionamento dei motori elettrici è sempre lo stesso, ma esattamente come i motori a combustione interna possono essere aspirati, con turbo, con compressore, a benzina o diesel, con iniezione diretta o senza, i motori elettrici hanno molteplici modi di essere realizzati, per soddisfare le richieste del costruttore.

Curva Coppia Potenza  - Efficienza 

Quel che è davvero trasformativo per come si guida un mezzo elettrico però è la sua capacità di dare coppia subito, fin da 0 giri, fino alla velocità nominale di progetto del motore, per poi rimanere a potenza costante fino alla velocità massima di rotazione. 

La curva di un motore elettrico ideale è la seguente: 



E a guardare le curve che mostrano i vari costruttori di auto elettriche, quelle reali non si discostano molto da questo comportamento, con Tesla che ha realizzato con la sua ultima model S Plaid la "curva perfetta".



Con un motore endotermico dobbiamo andare a cercare il giusto regime di rotazione per dare il massimo della coppia alle ruote per avere le accelerazioni maggiori e costantemente andare a cambiare marcia a seconda dell'andatura per estrarre la giusta coppia alla giusta velocità del motore. 

Il motore elettrico non ha assolutamente questo problema. Appena gli si dice di partire, pochi millisecondi dopo, il rotore ha iniziato a muoversi e sulle ruote si sente subito la coppia richiesta dall'utente, che se avrà fatto un kickdown sul pedale dell'acceleratore sarà la coppia massima esprimibile dal sistema. Inoltre un motore elettrico può girare ad un numero elevatissimo di giri, rendendo inutile avere un cambio, che invece è necessario sui motori endotermici per raggiungere velocità elevate senza ammazzare il motore.

Questa coppia rimane tale fino alla velocità nominale, che solitamente è intorno ai 50-60km/h, quando ho la potenza massima del sistema. Questo è alla base della grande accelerazione e costanza della tale dei veicoli elettrici. Non solo, questa coppia è modulabile a piacere in modo molto preciso.

Nei motori elettrici ci sono relazioni molti dirette e controllabili tra tensione e corrente in ingresso e coppia e velocità in uscita. Diminuendo la corrente in ingresso a parità di tensione mi porta ad avere meno coppia in uscita. Questa precisione è anche il motivo per il quale posso avere auto potentissime come una Tesla model S o una Taycan che nell'uso quotidiano si guidano con precisione ed in modo leggiadro. Una capacità di adattamento che si ha ora sulle auto a combustione interna di alta gamma grazie a cambi automatici dalle molte marce gestiti in maniera intelligente dall'elettronica, ma che il motore elettrico ha innato nel suo modo di funzionamento.

Ogni costruttore può alterare questa erogazione come vuole. La Mazda MX-30 è abbastanza famosa per avere un'erogazione più da motore aspirato endotermico invece che da elettrica pura, così come la mia Zoe quando si va in kickdown non da un colpo secco ma ha una prima fase di accelerazione graduale fino ad arrivare al massimo.

Queste potenze in gioco hanno un senso completamente diverso una volta rapportate alla grandezza del motore stesso ed alla sua efficienza.



Se un motore elettrico genera al suo rotore 150KW con un'efficienza del 95%, vuol dire che sta prelevando dalla fonte di alimentazione 158Kw. Il che vuol dire che il sistema di raffreddamento deve gestire 8Kw di dissipazioni in calore.

Un motore a benzina simile, con efficienze del 30%, sta invece tirando fuori quei 150Kw in uscita da 500Kw in ingresso. Questi 350Kw non è che spariscono nel nulla, ma si trasforma in altre forme, tra cui il calore. Per questo le auto con motore endotermico hanno bisogno di sistemi di raffreddamento molto voluminosi. Quelli di un motore elettrico sono infimi in confronto.

Inoltre, giusto per curiosità: come funziona un motore elettrico quando si vuole superare?

Su una macchina con motore a combustione quel che si deve andare a fare è cercare il giusto punto di lavoro per permettermi di accelerare. Scalo la marcia così da avere più coppia, vado su di giri per sostenere la velocità e scaricare più potenza a terra.

Un motore elettrico invece lavora in un regime di sovraccarico. Il sovraccarico per i motori elettrici diventa un problema principalmente termico. Quando il motore elettrico viene progettato, si stimano valori di potenza in ingresso ed uscita che possono essere dati al motore in maniera continuativa raggiungendo un equilibrio termico a temperature che non causano problemi.

Il motore però è in grado di accettare potenze maggiori in ingresso. Quel che causeranno, oltre ad aumentare la potenza in ingresso, è l'aumentare delle temperature. Quindi quando si va in kickdown, il sistema di un'auto elettrica semplicemente da al motore più potenza in ingresso da trasformare in meccanica. Si tratta di un regime che il motore non può mantenere a lungo. Prima che gli possa accadere qualcosa, l'elettronica ne limiterà la corrente per farlo raffreddare, ma quel che accade è che la manovra di sorpasso finirà ben prima di qualsiasi problema di surriscaldamento al motore.

Quando infatti vedete la potenza di un'auto elettrica, questa sarà sempre la potenza di picco, quella che il motore è in grado di dare per un tempo limitato. Nella guida di tutti i giorni, anche sportiva, è una potenza che verrà usata per periodi davvero brevi e non inficiano sul comportamento o sulla vita del motore, anche perché se i parametri escono fuori da quelli ottimali, ci penserà l'elettronica a limitare l'erogazione.

In ogni caso, questo meccanismo è il perché le auto elettriche sono sempre pronte. A comando di pedale, tutta la potenza può sempre fluire sul motore. 

Fonti di Energia

Il vero nodo del motore elettrico è uno: come gli porto l'energia elettrica?

Non posso mica avere un'auto collegata alla rete elettrica. A quel punto costruirei un treno o un filobus. 

Ecco quindi che ci sono due modi per fornire l'energia necessaria ad un motore elettrico e sono i componenti più importanti di un'auto elettrica perché i veri limiti sono tutti legati a lei.

Batterie

Il primo modo è quello di usare delle batterie. O meglio, in italiano il termine dovrebbe essere cella elettrochimica secondaria.

Allora, secondo il primo principio della termodinamica ci dice che l'energia non si crea né si distrugge, ma si trasforma. L'energia quando è in forma "fluida", deve essere usata immediatamente. L'elettricità ha senso mentre sta fluendo, non quando non c'è. Però io posso aver richiesta di energia per compiere un lavoro in tempi diversi rispetto alla sua produzione, pertanto ho bisogno di tecnologie in grado di preservare questa energia per un uso futuro.

Tecnologicamente siamo riusciti a convertire energia chimica in energia elettrica abbastanza presto. La prima pila era di Alessandro Volta, nel 1799. Il suo funzionamento è quello sempre descritto dalla legge di Ohm.

Nel costruire la pila, interponendo dischi di rame e zinco con panno umido e collegando il tutto, le reazioni chimiche tra i metalli andavano a generare una differenza di potenziale nella struttura che quindi abilitava il passaggio di corrente e quindi di energia elettrica.

Studi successivi portarono alle pile Daniell e Weston, che sono quelle un po' più "moderne". L'idea è sempre la stessa: si utilizzano materiali che una volta messi a contatto nelle condizioni giuste, generano un passaggio di elettroni. Considerate che fino a prima dell'invenzione della dinamo nel 1869, le pile erano l'unico modo per produrre energia elettrica continua.

Il problema della pila è che questo è un processo non reversibile. Una volta esaurito il materiale in grado di reagire, queste sono scariche e sono da buttare. Sono le classiche pile non ricaricabili.

Ecco quindi che questa tecnologia si evolse nel tempo portando alle batterie ricaricabili. L'idea grossomodo è quella di trovare delle reazioni che possono essere invertite.


I due punti di partenza ed arrivo delle cariche sono l'Anodo ed il Catodo.  Quando Anodo e Catodo sono immersi nell'elettrolita, avvengono reazioni chimiche che portano elettroni a formarsi ed accumularsi sull'anodo e vuoti di elettroni a formarsi sul catodo. Si tratta di reazioni definite di ossido-riduzione, con l'anodo che si riduce ed il catodo che si ossida. In un modo molto naturale, gli elettroni dall'anodo vorrebbero andare al catodo per riempire i buchi e tornare in una condizione di equilibrio, per via della differenza di potenziale che c'è tra i due. Questa è la tensione della singola cella della batteria.

L'elettrolita però agisce da isolante. Quindi non succede nulla. Quando collego con un cavo anodo e catodo, la differenza di potenziale tra i due porta alla generazione di un flusso di corrente, che io posso usare per i miei scopi. Per bilanciare questa corrente, gli ioni iniziano a muoversi nell'elettrolita dall'Anodo al Catodo. Mano a mano che la batteria viene usata, le reazioni chimiche iniziano a rallentare fino a fermarsi ed ad arrestare il flusso di ioni e quindi di elettroni.

Per ricominciare il processo, posso ricaricare la batteria, andando a prendere tutti gli ioni che si sono spostati e riportandoli indietro uno ad uno. In questo caso sono io che sto immettendo corrente nel sistema, in senso opposto rispetto a quello di carica. Questo processo purtroppo non è pulito come quello di scarica ed è il motivo per il quale ogni batteria ha un ciclo vitale legato al numero di cariche che riceve. Più queste sono frequenti e lunghe, più si perdono ioni per strada andando a limitare la capacità massima della batteria nel tempo.

Ora, a seconda del tipo di applicazione, possiamo attingere a diversi materiali per anodo, catodo ed elettrolita. E molto dello sviluppo delle batterie per le automobili è proprio qui. Riuscire a capire qual è la chimica migliore per immagazzinare la maggior quantità di energia al miglior costo e minor peso.

Non solo, c'è anche il fattore di forma, perché in base alla forma delle celle, queste possono essere ammassate in modo diverso tra di loro.

Tecnologicamente le batterie per le auto elettriche si appoggiano su 5 tecnologie composizioni principali.



LCO. Lithium Cobalt Oxide.

Queste sono le batterie dei cellulari e computer portatili, sono facili da costruire, discretamente dense ed hanno una durata discreta. Il problema è che richiedono una quintalata di cobalto e quindi se scalate alle dimensioni per una macchina elettrica non sono il massimo. Sono state usate sulla Smart Fortwo ED e sulla prima Tesla Roadster.

NMC. Lithium Nickel Manganese Cobalt Oxide.

Sono le più comuni ed usate. Il loro segreto sta nel combinare il Nickel con il Manganese. Il primo è in grado di immagazzinare un sacco di energia ma è instabile. Il Manganese è tipo l'opposto. Combinando questi due nel modo opportuno di ottiene una struttura cristallina stabile e densa di energia. L'esatta mescolanza di Nickel, Manganese e Cobalto è un segreto industriale ben protetto ed in generale l'avanzamento tecnologico sta riducendo sempre più il cobalto usato, il materiale più difficile e dispendioso da estrarre e più raro tra tutti quelli usati.

NCA. Lithium nickel Cobalt Aluminium

Come abbiamo capito dalle spiegazioni di sopra, il Cobalto è il materiale più costoso della batteria. Quindi sono tutti interessati a ridurne l'uso. Il fatto che questo migliori anche l'ambiente, è un bonus dal punto di vista del business. Le celle NCA sono state il primo tentativo nel rimuovere il cobalto dalle LCO. Il cobalto viene usato di meno e sostituito dal Nickel. Il problema, come già detto sopra è che il Nickel è un po' instabile, quindi ha bisogno di essere ben gestito in termini di monitoraggio.

Però la densità energetica è davvero ottima. Tesla fa uso di batterie NCA e sono un po' il suo cavallo di battaglia, in quanto usano davvero poco cobalto ed hanno quell'asso nella manica rispetto a chi usa celle NMC. Ovviamente ci sono molti segreti industriali di mezzo.

LFP. Lithium Iron Phosphate

Questa è una soluzione interessante perché non ha cobalto. Ha un'ottima durata di vita e performance, oltre ad essere molto sicura. I suoi punti deboli sono la sua perdita di energia naturale più alta di altre tecnologie ed una densità energetica inferiore. Però si stanno facendo molti studi al riguardo per trasformarle nelle "batterie delle auto del popolo".

Molto interessante il confronto tra la Model 3 di Tesla prodotta in USA con le batterie NCA e la Model 3 prodotta in Cina con le batterie LFP. 

La Model 3 NCA ha 423 Km di autonomia secondo lo standard EPA e pesa 1628kg. La model 3 LFP ha invece 407km, di fronte ad un peso di 1745kg. Le batterie LFP possono essere caricate al 100% senza avere problemi, mentre le NCA preferiscono fermarsi prima. le LFP soffrono di più il freddo, ma hanno una vita utile più lunga.

LMO. Lithium Manganese Oxide.

Questa tecnologia è stata tra le prime ad essere usate per le auto elettriche, la tecnologia è del 1980, ed ha trovato spazio sui primi modelli di Nissan Leaf, Chevy Bolt e BMW i3. La durata inferiore delle sue celle nel tempo e capacità specifica inferiore, ha visto questa tecnologia abbandonata o mescolata con celle NMC per aumentarne la vita e performance.




Per il futuro si parla tanto di batterie solide, ma in generale l'obiettivo è sempre lo stesso: abbassarne il prezzo, migliorarne la capacità, migliorarne le performance. Cosa intendo con performance?

La batteria è estremamente centrale per determinare le performance di un veicolo elettrico, perché le sue caratteristiche  determinano la massima potenza estraibile ed inseribile nel sistema. È il componente più importante di tutti.

Le grandezze che ci descrivono le batterie dall'esterno sono la Tensione massima, la corrente che entra o esce, e la capacità.

La capacità è espressa in kWh e sono in sostanza i litri di benzina che sono all'interno della batteria. Io estraggo ed uso questi litri con una corrente elettrica.

In modo molto semplice il calcolo si profila in questo modo:

Se io faccio prelevo dalla batteria una corrente di 125Ampere ad una tensione di 400V, sto estraendo una potenza elettrica di 125x400 = 50000w = 50kW. Una batteria da 50kWh è in grado di darmi quella potenza per un'ora prima di scaricarsi. In gergo si definisce una scarica alla corrente nominale della batteria come scarica ad 1C e si parte a fare un confronto a questo valore per le varie condizioni operative.



Una batteria da 50kWh che mi sta alimentando un motore a 100kW, si sta scaricando a 2C, così come una che sta venendo caricata a 300Kw, si sta caricando a 6C. 

Quando si carica o scarica una batteria, maggiore è la corrente che viene spostata, quindi maggiore è la C relativa, più la temperatura della batteria aumenta e questo si ripercuote sulla sua salute. Per questo per garantire performance sempre al meglio, le automobili impiegano sistemi di raffreddamento e riscaldamento sempre più sofisticati. 

Se la Nissan Leaf ha dei semplici radiatori passivi, la mia Zoe ha un sistema a ventilazione forzata, quasi tutte le auto elettriche più recenti hanno sistemi di raffreddamento a liquido per termoregolare la batteria.

Un altro modo che hanno i produttori per migliorare le performance termiche della batteria è cambiare la tensione operativa. Siccome usiamo comunemente motori a 400V nelle nostre industrie, abbiamo già un sacco di tecnologia progettata per funzionare in questi range e quindi anche le auto operano a teste tensioni. Alcuni costruttori sono passati a sistemi a 800V. 

Vi ricordate la formula della potenza? P = V*I. Se raddoppio la tensione, per avere la stessa potenza ho bisogno di metà della corrente. La corrente è la diretta responsabile dei meccanismi di riscaldamento di batterie e motori. Ecco perché auto come la Porsche Taycan riescono ad eseguire il launch control molte più volte di fila surriscaldandosi di meno, ed è anche come riescono a frenare rigenerando o ricaricare alla colonnina con 225kW di potenza. Ovviamente lavorare ad 800V porta una serie di complicazioni nella costruzioni dei componenti che devono resistere a tensioni operative simili, per questo non è proprio una cosa che si fa alla leggera.

Tra l'altro, come piccola nota, le batterie più complesse da pensare e gestire non sono tanto quelle delle auto elettriche, ma quelle delle Full Hybrid e Plug-In Hybrid. Perchè sono più piccole e in termini di carica/scarica ricevono molti, ma molti più cicli di una batteria da auto elettrica spesso a C molto elevate. La batteria da 1,6kWh che deve alimentare un motore da 40kW, sta scaricandosi a 25C alla potenza massima!

Qual è il limite delle batterie attualmente? La densità di energia. Ovvero quanta energia riescono ad immagazzinare per unità di peso. Le celle NMC hanno circa 220Wh/kg, quindi per un pacco da 52Kwh, servono 236 Kg di sole celle, alla quale va aggiunto tutta la struttura ed il sistema di raffreddamento. Questo aumenta la massa delle auto elettriche, che viene però bilanciata dal baricentro più basso, avendo la maggior parte del peso sul fondo del pianale.

Un serbatoio da 60 litri di un'automobile a benzina invece, pesa a pieno carico 40,8kg e contiene 600kWh di energia potenziale, la cui energia effettiva sprigionata dipende dall'efficienza del sistema propulsivo, sia esso a benzina, diesel o ibrido.

Se proviamo a ragionare con un'efficienza del 30%, vuol dire che su 600kWh di serbatoio se ne estraggono 180kWh utili per fare 1200km a 5l/100km. Un'auto elettrica, forte della sua efficienza, avrà bisogno di una batteria da 200kWh per avere percorrenze simili.

Ricarica delle Batterie


Un paio di parole su come effettivamente do questa corrente alla batteria dell'auto per ricaricarla.

La Batteria, come abbiamo detto, ragiona in corrente continua. Quando usiamo la sua potenza, abbiamo l'Inverter che la trasforma in alternata per passarla al motore. In egual modo, quando il motore frena e rigenera, l'Inverter converte la corrente alternata in continua e la ributta nella batteria.

Quando invece devo ricaricare con la spina da una presa domestica od ad una colonnina pubblica, le cose cambiano in base all'elemento più lento della mia catena.

Siccome la corrente che gira nei cavi elettrici che arriva nelle nostre case e fabbriche è tutta alternata, le auto elettriche hanno un trasformatore a bordo in grado di trasformarla in corrente continua. I vari costruttori possono inserire trasformatori di diverse taglie, che possono elaborare FINO a quella potenza. Quelle comuni sono 3.7kW e 7,4kW per i trasformatori che gestiscono solo la corrente alternata monofase, 11kW e 22kW per i trasformatori che gestiscono monofase e trifase.

Quando si passa alla corrente continua, non c'è nulla dentro l'auto. Le colonnine in corrente continua sono molto più grandi e rumorose perché integrano al loro interno il trasformatore per prendere la potenza dalla rete alternata e trasformarla in continua. Poi è come se parlassero direttamente alla batteria dell'auto. L'auto a quel punto, sapendo quanto caldo o freddo c'è, quanto è carica la batteria, la sua salute ed altri parametri, chiede alla colonnina una certa potenza di ricarica.

Le batterie hanno una curva di ricarica, sono in grado di accettare molta potenza quando sono scariche e sempre meno mano a mano che si caricano. Per questo le potenze di ricarica delle auto sono di picco non sono mai mantenute per tutta la durata della ricarica. Queste curve sono inoltre enormemente influenzate dalla temperatura della batteria. Le potenze scelte dai costruttori teoricamente permettono di avere la massima performance mantenendo elevata la salute della batteria per la durata stimata dell'auto.




Però se volete farmi un'idea di quanto serve a caricare una batteria, potete eseguire questo semplice calcolo: Tempo = capacità batteria che voglio ricaricare in kWh / potenza in ingresso in Kw.

Quindi 50kWh dallo 0 al 100% con un potenza di 4kW, saranno 50/4 = 12,5 ore come minimo. Quando si ricarica ci sono delle perdite, dovute all'efficienza del caricatore di bordo dell'auto ed altri fattori quindi si impiegherà sempre un po' di più.

Riciclo Batterie

Un aspetto molto controverso, stranamente aggiungerei, è quello del riciclo delle batterie.

Le batterie delle automobili elettriche possono essere riciclate in percentuali molto alte dei loro materiali, parliamo del 80-95%. Attualmente non ci sono molte strutture atte al riciclo di batterie perché non ci sono molte batterie in giro. È un circolo vizioso.

Più auto elettriche saranno in commercio e più ci sarà interesse dalle case di produzione nel riciclare le batterie, per evitare di comprarne di nuove. Questa cosa si farà perché conviene ed è un circuito che farà guadagnare chi riciclerà batterie. Quando c'è opportunità di guadagno, non c'è nulla che non si faccia.

Il CEO di Renault ed anche altri hanno un po' spiegato quello che stanno già facendo oggi con le loro ancora poche auto elettriche in giro che rientrano. Mentre un'auto a combustione termica a fine vita "non ha valore", un'auto elettrica è una ricchezza da recuperare. Se la batteria non è più in grado di gestire le centinaia di kW di potenza per i motori di trazione, spesso può gestire i pochi kW per uso casalingo e trovare altri 10 anni di utilizzo come accumulatore per fotovoltaico. Dopo ancora quegli anni, potrà essere riciclata.

In questi anni di produzione e vendita di auto elettriche abbiamo i mezzi ed i tempi per allestire fabbriche per il riciclo.

Fuel Cell

Il secondo metodo per dare energia ad un motore elettrico in un'auto è quello di avere un generatore di corrente a bordo. Se il  generatore è un motore a benzina, ci ritroviamo in un'auto ibrida. Se invece il generatore è una Fuel Cell, siamo ancora su un'auto ad emissioni 0, in grado di sfruttare la potenza dell'idrogeno.


Il nome italiano Pila a Combustibile forse rende meglio l'idea. Qui si ha una pila che mi produce elettricità come una batteria, solo che invece di prelevare l'energia chimica da diversi materiali, come nella Pila di Volta, si fa uso di un combustibile. Che poi si chiama pila a combustibile, ma non avviene una combustione termica.

Anche qua si parte dal 1800, con esperimenti iniziati in quel periodo, però è una tecnologia che ha avuto il suo sviluppo in tempi molto più recenti.

In questo caso è l'idrogeno.

C'è sempre Anodo, Catodo ed elettrolita. Solo che in questo caso nell'anodo entra l'idrogeno, gli vengono estratti gli ioni con un processo che lo lega all'idrogeno, producendo acqua, e da qui ottengo la mia corrente elettrica, esattamente come discusso sopra per la batteria.

Anche qui si potrebbe parlare di tutte le tecnologie impiegate, le loro differenze e via dicendo, però per il momento nel mondo dell'automotive sembra essere in secondo piano rispetto alle batterie, quindi la illustro in modo un po' più leggero.


Alla fine la parte più complicata è la cella a combustibile. Se decidiamo di prenderla per buona, cioè sappiamo che ci entra idrogeno ed ossigeno ed esce elettricità ed acqua, il resto è facile. L'elettricità alimenta un motore elettrico e l'idrogeno è stipato in bombole a 700 BAR DI PRESSIONE. Il metano viene pressurizzato a 216 Bar, per comparazione.

Il concetto poi è quello di unire i vantaggi dell'auto a trazione elettrica, quali silenziosità, magnifica erogazione di coppia, enorme efficienza energetica, con una filiera di rifornimenti più tradizionale. Mi fermo al benzinaio, 5 minuti di rifornimento e via. La Toyota Mirai di seconda generazione è data a 650km con un pieno.

Il problema di questo sistema è l'efficienza complessiva. Una Fuel Cell ha come efficienza massima teorica un 60%. Siamo al doppio di un motore termico a benzina, però non raggiungiamo il >90% di un powertrain a batteria. A questo dobbiamo aggiungere che produrre l'idrogeno è al momento molto dispendioso in termini energetici.

Usare l'idrogeno per la trazione sarà gestibile solo quando avremo installato così tanti sistemi rinnovabili da avere un surplus tale di produzione a mezzogiorno da usare quell'energia in eccesso stoccandola in idrogeno da usare poi quando ne abbiamo bisogno.

La questione Energetica / Ambientale

Vedo sempre che ci sono alcuni concetti che fanno fatica a passare quando si parla di perché l'auto elettrica è meglio per l'ambiente.

Il primo è una questione puramente energetica. Sappiamo che un'auto elettrica ha un'efficienza elevata. Dalla batteria alla ruota superiamo abbondantemente il 90% e complessivamente, dalla generazione di energia alla ruota siamo sopra il 70%. Ma questo cosa vuol dire?

Prendiamo due auto della stessa categoria, entrambe simbolo, una endotermica ed una elettrica. La Volkswagen Golf e la Id.3.



Per l'Id.3 prendiamo il modello di mezzo. 204 CV. 7.3secondi per lo 0-100. 1812 Kg di peso. Il suo consumo medio è di 15 KWh per 100Km.
Per la Golf, vediamo di andare con il classico 2.0 Diesel GTD da 200CV. 0-100 in 7.1 secondi. 1390Kg di auto. Consumo medio di 5 l/100km. 

Si stima che in 1 litro di diesel, ci sono circa 10kWh di potenza. Andiamo a trasformare quindi i litri/100km in kWh/100km. Otteniamo un 50kWh per 100 km. 3,3 volte in più dell'auto elettrica.

Anche andando a prendere le migliori performance del diesel in autostrada a 130km con non so, 4 litri di diesel, quindi 40kWh ogni 100km contro 26kWh/100km di un'elettrica... capite che in ogni caso per fare ogni chilometro l'auto elettrica usa meno energia.

Da un punto di vista puramente energetico, passare tutto il trasporto su ruote, individuale e commerciale ad elettrico, taglierebbe di 2/3 l'energia usata dalla specie umana per spostamenti individuali

Ovviamente quello che cambia è che invece di prendere questa energia dal sottosuolo e trasportarla via camion dove deve essere usata, abbiamo bisogno di generarla direttamente sotto forma di elettricità, quindi serve potenziare la nostra capacità di generare energia elettrica direttamente

A questo fabbisogno energetico va legato l'inquinamento, con la produzione di CO2.



Come si può vedere, considerando tutta l'Unione Europea, nel 2016 vengono immessi in aria 295.8g di Co2 per produrre 1 kWh.

Con l'Id.3 abbiamo visto che ne servono 15 per fare 100 Km. Considerando l'efficienza del 70% per l'auto elettrica (complessiva), servirà prendere 20kWh dalla rete, quindi 5.9Kg di Co2.
La Golf con il TDI da 200CV butta in aria 99g/km, quindi per fare 100Km, vengono emessi 9.9Kg di Co2. L'83% in più di una elettrica considerando l'emissione di CO2 media per kWh di tutta l'unione europea nel 2016.

Però vedete che manca qualcosa da questo calcolo. Se per l'auto elettrica abbiamo considerato la produzione di energia, per l'auto a gasolio non lo abbiamo fatto. E questa cosa non viene MAI detta. Si stima che occorrano 63kg di CO2 per ogni barile (158,99 litri) inviato ad una raffinerà. La raffinazione costa e poi c'è anche il trasporto del carburante alle stazioni di servizio. Alla fine viene fuori che dai pozzi al serbatoio della macchina vengono lasciati in aria 2.4Kg/l per la benzina e 2.6Kg/l per il gasolio.

Quindi, in realtà il costo in termini di CO2 dell'auto a gasolio è pari a quello del suo motore, che sono i 99g/km sommati ai litri che ha dovuto mettere per poter fare quel viaggio, che abbiamo detto essere 5 litri, per un totale di 22.9Kg di Co2 emessi. 

Anche pretendendo di farlo in autostrada il viaggio, la differenza di CO2 emessa è enorme. Ed il divario non può fare altro che aumentare mano mano che la produzione di energia elettrica diventerà sempre più pulita. Idealmente l'auto elettrica inquinerà sempre meno negli anni.

E questo è sempre l'anello mancante che non ho mai visto in nessuna discussione. Per l'auto elettrica si deve sempre parlare di ogni briciola che emette Co2 per screditarla, mentre per le auto tradizionali si glissa sopra a questo passaggio che è molto importante ed impattante.

A queste figure ovviamente vanno aggiunti i costi in Co2 della produzione delle auto stesse. Una batteria a 75Kwh fatta da Tesla butta fuori un 4500 Kg di Co2. Come potete vedere è molto, si tratta di quel che butterebbe fuori la Golf 8 TDI in circa 19650 Km. Considerando che in media in un anno si fanno 11200 km, vuol dire che dopo 2 anni di utilizzo medio, l'auto elettrica è meno inquinante.

Questi calcoli li potete fare migliaia di volte, con fonti molto diverse, in base a che stato andate a prendere, quanto questo è virtuoso nella produzione di energia elettrica o meno, da dove proviene la batteria e così via. Fatto sta che difficilmente l'auto a combustione interna vince in questa equazione in termini di inquinamento. In questo comodo grafico sottostante si vede come anche in Polonia, nazione che praticamente va a carbone, usare auto elettriche e produrre in loco le batterie è comunque un vantaggio. La nazione dove il vantaggio è maggiore è ovviamente in Francia con il suo nucleare e Svezia con l'idro.


Anche perché stiamo ignorando altri tipi di inquinanti. Le auto elettriche non emettono particolato. Le pastiglie dei freni si consumano meno perché il motore elettrico può frenare lui e quindi si produce meno particolato dai freni. Guardando solo alla CO2 guardiamo solo ad una parte del problema.

Queste non sono opinioni. Sono fatti. E continuare a dire il contrario è più o meno come andare a dire che la terra è piatta. Le opinioni sono altre.


E con questo direi che il discorso è "chiuso". L'infarinatura generale totale di questo nuovo mondo. Apprezzati feedback e se avete dubbi, volete qualche punto elaborato meglio o trovate qualche strafalcione, ci sono i commenti qui sotto.

Stay Classy, Internet.

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01 09 10