Piattaforma: PC Data di uscita: 26 marzo 2015
Pillars of Eternity è un altro successo di Kickstarter. Con quasi 4 milioni di dollari racimolati nel 2012, Project Eternity (come era conosciuto allora) veniva presentato come il successore spirituale di Baldur’s gate, quindi come un gioco di ruolo occidentale isometrico con combattimento in tempo reale con pausa, con enfasi su personaggi del proprio gruppo e sul combattimento.
Gli sviluppatori dietro al gioco sono gli Obsidian, il game director è Josh Sawyer (di fama Icewind dales) e tra gli scrittori c’è anche Chris Avellone. Insomma, un mix perfetto per portarci un grande gioco.
Un nuovo mondo
Pillars of Eternity non si basa su nessun franchise pre-esistente, ma su un mondo tutto nuovo, che ci viene sbattuto in faccia fin da subito, proprio nella schermata di creazione del personaggio.
Dovremo scegliere il solito di razza, sesso, statistiche e classe, ma anche il nostro background. È un modo molto furbo per presentare velocemente il mondo al giocatore, in quanto la statistica di provenienza regionale racchiude un elegante riassunto della storia di quella specifica regione e dei suoi tratti salienti.
Per il resto dell’avventura verrete bombardati di informazioni, nomi, eventi e quant’altro. Se alcune informazioni vengono date per scontato nei dialoghi e bisogna andarle a ricercare nel pratico codex del gioco, la vostra natura di forestiero vi permetterà di fare domande un po’ su tutto a molti NPC, ricavando di volta in volta tutte le informazioni necessarie alla comprensione del mondo.
Un mondo vasto, complesso, con moltissima storia e classico e nuovo allo stesso tempo.
La storia vede il nostro protagonista arrivare nella regione del Palatinato del Dyrwood, accompagnando una carovana attratta dai terreni offerti a nuovi abitanti dell’insediamento di Gilded Vale.
Purtroppo una tempesta “elementale” uccide tutta la carovana salvo per il protagonista. Egli assisterà ad uno strano evento che porterà a risvegliare in lui un potere particolare: quello di Watcher, una persona in grado di leggere le anime altrui. Inoltre si “risveglia” completamente, con tutte le sue vite passate che riaffiorano nella sua memoria. Il vostro obiettivo è ovviamente uscire da questa situazione, ma le cose diventano complesse velocemente e vi ritroverete imbrigliato in situazioni profondamente legate allo stato stesso di tutto il mondo.
Il punto fondamentale dell’ambientazione di Pillars, è che l’anima non è un qualcosa di effimero e di indescrivibile, ma è un qualcosa che esiste ed è manipolabile e quantificabile, in un modo scientifico. L’animancy è la disciplina scientifica che studia le anime. Tutta la storia del gioco è legata a questa pratica, che sta sconvolgendo il mondo sempre di più, con le sue pratiche rivoluzionarie ma forse poco etiche e contro natura. Può sembrare abbastanza banale raccontata così e fino al secondo atto non sarà nulla di eclatante, ma il terzo atto ed il finale sono di sicuro impatto anche se forse sono gestiti un po’ troppo velocemente. Il gioco è scritto divinamente, anche se presenta una leggera incongruenza nella sua presentazione in modo simile a Wasteland 2.
L’uso di testo descrittivo per meglio caratterizzare i personaggi nei dialoghi stona con la presenza del doppiaggio, che a volte sembra fuori luogo o incede troppo velocemente rispetto al testo presentato, con la voce che parte prima di aver iniziato a leggere la parte descrittiva. Un possibile consiglio è quello di giocare il gioco senza il doppiaggio, volendo anche in italiano, visto che la traduzione nella nostra lingua è presente e non è affatto male rispetto alla media.
L’uso di testo descrittivo per meglio caratterizzare i personaggi nei dialoghi stona con la presenza del doppiaggio, che a volte sembra fuori luogo o incede troppo velocemente rispetto al testo presentato, con la voce che parte prima di aver iniziato a leggere la parte descrittiva. Un possibile consiglio è quello di giocare il gioco senza il doppiaggio, volendo anche in italiano, visto che la traduzione nella nostra lingua è presente e non è affatto male rispetto alla media.
La storia principale porterà via intorno alle 20 ore se ci si limita solo alle quest principali. Quelle secondarie sono poche ma ben incernierate sul mondo. Non ci saranno fetch quest o cose insulse come “uccidi X nemici”, tutto avrà senso e sarà contestuale. Da un senso di cura ed attenzione al dettaglio notevole e favorisce l’immersione.
Il mondo di gioco è perfettamente grigio, i buoni ed i cattivi non esistono e pertanto non ha senso avere un sistema di allineamento classico alla D&D, ma è presente un sistema di reputazione molto intelligente, che modifica come l’eroe viene percepito dai vari villaggi e città. Potrei essere un perfido distruttore per una ed un eroe per un’altra. I cambiamenti non sono mai vistosissimi, ma si riflettono per bene nei dialoghi. Una volta, perdendomi nelle sidequest avevo accumulato una buona reputazione locale e molti NPC anche della storia principale avevano sentito parlare di me per la mia fama.
I personaggi che si uniranno alle vostre peripezie sono vari, complessi ed ognuno con una quest personale da risolvere ed alcune di esse si integrano alla perfezione con la trama principale. Rispetto alla Bioware abbiamo un livello di intromissione inferiore e non ci sono romance, ma non ho trovato questo aspetto un difetto. I personaggi sono scritti molto bene, con in particolare la Grieving Mother e Durance, creati da Avellone in persona.
Dopo aver finito il gioco mi sono ritrovato con un mondo profondamente cambiato o quantomeno, con il mio personaggio in possesso di conoscenze in grado di far crollare le vera fondamenta del setting. Mi aspetto un seguito o espansione alla Baldur’s Gate II.
D&D custom version
Il sistema di gioco non è D&D ma ci assomiglia molto. Le proprie statistiche sono le solite 6: Forza, Destrezza, Costituzione, Intelligenza, Saggezza e Carisma, sotto nomi e ruoli leggermente diversi ma in grandi linee simili. Anche le classi ricalcano da molto vicino il sistema di gioco della Wizard of the Coast, con l’unica novità forse rappresentato dal Chiper, che è una classe psionica, raramente vista nei videogiochi ispirati a D&D. Ovviamente avere un party equilibrato vi permetterà di risolvere ogni situazione in combattimento. La magia impiegata nel gioco è di tipo vanciano, ovvero gli incantatori hanno un numero limitato di lanci di incantesimi al giorno, o meglio, dopo ogni riposo esteso. Le risorse per potersi riposare non sono infinite e quindi non è possibile esplorare a piacimento tutto il gioco in un’unica lunga sessione, ma occorre ritornare spesso in città a fare rifornimenti.
Il party è composto da 6 personaggi, giocatore incluso. Questi possono essere sia dei personaggi precostruiti con la loro storia e dialoghi, sia degli avventurieri generici costruiti dal giocatore, così da poter creare il proprio team perfetto. E se giocate a livelli di difficoltà alti, probabilmente ne vorrete uno fatto ad hoc, perché i comprimari standard fanno un po’ schifo, o quantomeno non sono soggetti all’ottimizzazione che può invece colpire un personaggio costruito dal giocatore.
Essendo un gioco di ruolo simil D&D, è possibile creare dei mostri imbattibili ed il livello di difficoltà può variare molto. Io a difficoltà normale senza ottimizzare nessun personaggio ho avuto il mio bel da fare con la maggior parte degli incontri, anche quelli in apparenza più semplici. Poi in giro su internet si legge di gente che ha finito il gioco a difficoltà massima con solo il proprio protagonista e l’ha trovato fin troppo facile…
Se da un punto di vista di incantesimi, classi e talenti il gioco soddisfa, l’altro lato della medaglia è un po’ deludente. Sto parlando dell’equipaggiamento e del crafting. La varietà di armi ed armature è molto risicata, anche se non esistono restrizioni di classe e tutti possono usare ogni oggetto. Anche gli accessori si trovano in basse quantità e la cosa più importante è che non sono costruibili dal giocatore, ma solo recuperabili dal loot.
Se da un punto di vista questo rende il ritrovamento di un oggetto magico un evento raro e ne aumenta il misticismo e l’importanza, dall’altro rende il proprio gruppo molto… “mundane”, normale. Io personalmente preferisco questo approccio con il crafting magico perché mi piacciono le ambientazioni a bassa proliferazione di magia, ma allo stesso tempo avrei voluto vedere un sistema più espanso proprio per richiamare i fasti dei vecchi giochi alla D&D, spesso belli proprio perché il proprio personaggio indossava oggetti estremamente potenti.
Un’altro fattore da tenere in considerazione è come è gestita l’esperienza. Non si ottengono punti esperienza combattendo, ma si ottengono scoprendo i nemici. Ad ogni combattimento, si guadagnano informazioni sulle statistiche del nemico. Una volta scoperto tutto, quel mostro non può più fornire informazioni al gruppo, non ne aumenta l’esperienza. Una trovata geniale, che costringe il giocatore a cercare sempre nuove sfide ed a non sottrarsi mai da uno scontro con nuovi nemici. Il resto dell’esperienza arriva dall’esplorazione di nuove zone e dal completamento delle quest.
Elemento di gameplay molto sottotono sono le abilità. Sono davvero poche ed hanno un impatto nel gioco davvero infimo. Abbiamo la solita abilità che permette di aprile i lucchetti, ma tolta quella, le altre aprono solo poche scelte in alcuni punti particolari e contribuiscono davvero poco. Un peccato perché di solito nei giochi D&D è forse l’elemento più caratterizzante delle competenze del proprio personaggio.
Un altro punto un po’ dubbio è stata la volontà di legare tutto il danno alla statistica di forza, o might, del personaggio. Questo comporta che anche i maghi devono averla alta per poter infliggere danni elevati e tra i dialoghi possono spesso comparire dialoghi dove il protagonista alza i nemici, li minaccia ed usa in generale la sua forza bruta per fare lavori pesanti… che stona parecchio con l’idea classica di mago celebrale e crea un po’ di dissonanza tra statistiche e lore del gioco.
Il livello massimo ottenibile nel gioco è alquanto basso: 12. Questo potrebbe far storcere il naso a qualcuno, ma dobbiamo tenere in considerazione che questo gioco è solo la prima parte (autoconclusiva) di un grande progetto esattamente come il primo Baldur’s Gate, quindi ci sarà tempo e modo per far salire ancor di più il livello del nostro eroe. Effettivamente questo può portare a raggiungere il livello massimo prima del completamento di tutto il terzo atto della storia, sminuendo molto l’impatto della stessa, per fortuna è proprio in questa fase che la narrativa migliora di molto e da sola sostiene l’esperienza e la voglia di andare avanti.
Il gioco possiede anche degli elementi extra, aggiunto durante la campagna di kickstarter ma che trovo un po’ abbozzati. Entrerete in possesso di una fortezza da riparare e ristrutturare, che porterà delle miniquest, ma il suo impatto nell’esperienza generale è molto basso e di poco conto. Sotto questa fortezza c’è un dungeon abbastanza lungo da esplorare composto da 15 piani sotterranei a difficoltà crescente. Onestamente, un lavoro noioso e con ricompense non proprio esaltanti.
CRPG alla riscossa
Ci troviamo di fronte ad un bel periodo per i CRPG, i giochi di ruolo per computer. Dopo Divinity che ha cambiato le carte in tavola, arriva Pillars che si ripropone come un successore più fedele dei vecchi giochi e non come un rivoluzionario. Offre una buona storia, un nuovo grande mondo nel quale perdersi, un gameplay solido anche se troppo semplicistico in alcune aree ed buon numero di ore di divertimento. Consigliato vivamente a tutti gli amanti degli RPG.
Stay Classy, Internet
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