Dragon Age Veilguard - Il peso di un mondo



Dragon Age Veilguard è un titolo molto controverso. Online se ne sentono di tutte. Provo ad impostare il discorso a mio modo e vediamo se otteniamo una visione diversa dal rumore di fondo oppure ci allineiamo.


A Trajectory

Bioware è una casa di sviluppo di videogiochi canadese basata ad Edmonton, fondata dai medici Ray Muzyka e Greg Zaschuk.

Poco dopo la sua fondazione trovò successo commerciale grazie alla creazione del CRPG Baldur's Gate, basato sulla proprietà di D&D. Malgrado qualche esperienza non da gioco di ruolo con MDK2, la casa trovò il suo mantra nel proporre avventure forse dalla trama un po' banale, ma con un cast di personaggi interessanti che rimane impressa nella memoria e con possibilità di avere percorsi di storia decisi dalle proprie scelte all'interno del gioco, principalmente attraverso conversazioni con altri personaggi.

Il successo continuò con altri giochi su licenza, come Neverwinter Nights e Knight of the Old Republic, ma la casa aveva intenzioni di creare i propri mondi originali. Un'altra ambizione visibile nel cambio tecnologico incorso dai Baldur's gate a KOTOR, fu quell'idea di proporre un qualcosa di più cinematico e di alto livello rispetto ad un gioco in prospettiva. Tutti i dialoghi doppiati, sistema di combattimento più cinematici e con focus maggiore su animazioni.



Con risultati tutti figli del budget e tecnologie del loro tempo, ma chiaro è che l'intento è quello di andare oltre il crpg.

Sul finire del 2007 Bioware entrò a far parte di EA e rilasciò in quell'anno Mass Effect. Nel 2009 arrivò il primo capitolo della saga della quale stiamo parlando. Dragon Age: Origins. Avevo 19 anni all'epoca. 

Le prime idee su quest'opera iniziarono nel 2002, poco dopo l'uscita di Neverwinter Nights. Il cuore centrale che diede vita a questo progetto fu quello di fare un gioco come D&D, ma che non fosse D&D.

Due curiosità che mi hanno sempre affascinato della formazione della serie sono i nomi identitari. Dragon Age fu scelto ammassando due parole fantasy a caso e vincendo come voti internamente. Dopo questa decisione iniziarono a lavorare per implementare dei draghi nel gioco, prima non erano neanche previsti. Il secondo nome curioso è quello del mondo come totale. Thedas. Acronimo per The Dragon Age Setting.

Le informazioni più interessanti sulla serie sono recuperabili in questa retrospettiva di quasi 10 ore, con David Gaider a dare la sua voce in quanto scrittore principale dell'ambientazione fin dal suo inizio, ed i video Memories and lessons di Mark Darrah, il director della serie, con un video per ogni episodio. Origins, II e Inquisition

In ogni caso, il primo episodio della serie ebbe un'ottima risonanza tra critica e pubblico. Le versioni console si assestarono su un 86-87di metacritic, mentre la versione PC sedette su un 91. Il pubblico non era così lontano.

L'ambientazione del gioco era distintiva perché in netto contrasto con il classico D&D. Come molte opere di quel periodo, prevaleva il colore marrone con tonalità spente, tuttavia, si distingueva per il suo sfondo dark fantasy. Questo sottogenere del fantasy fonde elementi horror nel contesto fantastico, spesso mitigando il tono esuberante tipico del genere. Di conseguenza, abbondavano scene di sangue, animazioni di attacchi mortali ai nemici con decapitazioni e simili, e molti aspetti della storia e del mondo, insieme ai cliché del fantasy, erano rappresentati in maniera oscura.


Pensiamo al rituale per diventare un Custode Grigio, come vengono create le Broodmothers della prole oscura, e tutto quello che ha a che fare con i maghi nell'ambientazione. 

Va detto che da fan di Warhammer 40.000, il fatto che le Broodmothers siano delle Daemonculaba [dal libro Dead Sky, Black Sun di Graham McNeil edito nel 2004] e che i maghi funzionino con logiche simili agli psionici, con possessione demoniaca e queste dimensione alternativa dal quale attingere poteri, rispettivamente Velo ed Immaterium, non mi ha sorpreso come per altre persone.

In ogni caso, questa identità di Dark Fantasy è uno dei primi "elementi cardini" di Dragon Age che viene scardinato nel tempo. Non da Veilguard, ma già da Dragon Age 2 nel 2011.


Come sempre possiamo o semplicemente osservare i risultati dai titoli rilasciati o sentire la voce dietro le quinte di Mark Darrah. Qui l'estratto del video nel quale discute di questo aspetto. Il suo ragionamento è triplice.

1) spostarsi via dalla definizione più puerile del termine. Quindi Sangue a fiumi, assalti sessuali e via dicendo, focalizzandosi più sull'aspetto psicologico/horror. 2) Lasciarsi indietro un po' la concorrenza visto che molti degli rpg del periodo gravitavano intorno allo stesso tono. Aumentando la magia il toolbox a disposizione per rappresentare il tutto si amplia 3) il team di scrittori voleva allontanarsi da questi temi, perché lavorare costantemente su di essi può essere opptimente.

Se quest'ultimo vi può sembrare una cazzata totale, non è un sentimento così dissimile da quello che tanti autori che si fissano su kink particolarmente spinti del genere umano, dopo un po' c'è bisogno di pensare a cose migliori.

Questo traghettamento di Dragon Age verso qualcosa di diverso influenza molti dei suoi elementi.

Nel primo sequel, all'inizio pensato come una semplice espansione e poi rilasciato come episodio a se stante, vediamo una sovrapposizione di effetti. Il poco tempo a disposizione non ha permesso al titolo di avere una varietà di ambienti elevata, portando a ripetizione imbarazzanti. La storia è molto più personale, meno bombastica. Il combattimento è reso molto più dinamico ma allo stesso tempo enormemente semplificato.

L'art direction cambia enormemente, con tanto di mod che portano in dragon Age Origins i design di armature ed elementi delle fazioni presenti in entrambe per armonizzarne l'estetica. I discorsi di "oh no è cambiato tutto" c'erano già allora. Qui sotto potete vedere lo stesso personaggio, Isabella, nella sua forma di Dragon Age Origins e Dragon Age II.


Questo divenne palese guardando il metacritic. Se la stampa di settore si assestò ad un 79-82 a seconda della piattaforma, il pubblico vociò un 4.8. Anzi, in realtà al tempo era anche peggio ma negli anni è un po' risalito.

La saga è distrutta già con il secondo capitolo. INIZIAMO BENE. Io stesso nel 2014 scrissi un "in difesa di dragon Age 2", perché vedevo molte delle critiche mosse estremamente forzate. Soprattutto inserendosi nel discorso con Inquisition.

Nel novembre 2014 arrivò Dragon Age Inquisition. Ed anche qui apriti cielo. Sia in game letteralmente che figurativamente nel mondo reale.

Cambiò tutto di nuovo. Motore grafico Frostbyte portò una palette di colori accesa. Il sistema di combattimento diventò ancora più action e semplificato, il tono che poteva avere il giocatore ancora più muto ed il design delle aree in macrozone troppo grandi per essere decenti portò anche qui ad una divisione tra critica e pubblico. Un 85 di metacritic stampa, con tanto di GOTY ai Game Award, ed un 6.0 dagli utenti.

Ancora una volta la saga è stata distrutta.

Cambia quindi qualcosa con Veilguard? No. Nulla. Siamo sempre sulla stessa curva.

Il combat diventa progressivamente più action, lo spazio dell'espressività del protagonista si riduce sempre di più intorno ad un ruolo molto più definito dagli autori, accomunando sempre più il design del Comandante Shepard rispetto a generic CRPG protagonist e così via.

Tutti i discorsi quindi di distruzione di Dragon Age che si stanno verificando con Veilguard in relazione al suo aver distrutto la Saga, non sono nuovi. Sono semplicemente privi di prospettiva e per avvalorarli si va a riabilitare elementi che nel passato furono criticati dalla maggior parte del pubblico solo perché diversi dagli attuali. 

Conviene quindi abbandonare questo filone e secondo me concentrarsi su altro.

The World State

Il primo riguarda forse l'elemento più distintivo della serie e probabilmente il più pericoloso di tutti dal punto di vista degli sviluppatori. Diciamo che se la sono tirata addosso da soli.

Quando si crea un mondo di gioco con così tanto dettaglio come quello di Thedas, tanto da produrre due dense mini enciclopedie, The World of Thedas Volume 1 e Volume 2, diversi fumetti e romanzi oltre che 4 videogiochi, il problema grosso è uno. Siccome nei videogiochi posso alterare in modo anche apparentemente significativo lo stato dell'ambientazione, questi cambi come posso comunicarli negli episodi successivi?

Con l'importazione del salvataggio. Un pacchetto di dati creato al termine della storia che conserva tutta una serie di informazioni che possono essere lette dal gioco successivo per poter elaborare cosa avere di diverso in base alle scelte precedenti. Non parliamo del semplice import del personaggio di Quest for Glory negli anni 80 e 90. Ma di veri e propri stati del mondo.

Ad accompagnare Dragon Age in questa complessità c'è il suo gemello diverso Mass Effect, ed il cugino alla lunga Pillars of Eternity 2. Nel mondo videoludico import di questa portata non esistono.

Il tutto è stato amplificato dalla creazione della Dragon Age Keep un sito dove poter generare uno stato del mondo nel quale andare a definire le scelte primarie di Dargon Age 1 e 2 per importarle nel 3. E Questo stato a sua volta si popola con le scelte di Dragon Age Inquisition, facendo pensare ad un possibile uso in Dragon Age 4, ora noto come Veilguard.



Questo ha creato un enorme disallineamento tra le aspettative del pubblico e cosa è effettivamente realizzabile. David Gaider, fuori dalla Bioware da un po' di anni oramai, si è espresso più volte su come la gente avesse chissà quali idee su possibili storie completamente diverse in Inquisition date dalla presenza o meno di Kieran con all'interno un'anima di un dio antico, ma creare una cosa del genere era fuori discussione, in quanto le risorse da dedicare sarebbero state elevatissime, di fronte ad una percentuale di giocatori con quella scelta davvero risibile.

E comunque Inquisition aveva moltissime variazioni. Interi NPC potevano essere sostituiti in base a scelte fatte in Origins. Pensiamo a Custode Grigio Stroud, sostituibile con Alistar. Ed in una prima forma del gioco doveva essere proprio l'Eroe del Ferelden.

Un conto è quando si prova a creare una sequenza di scelte e conseguenze interne ad un solo titolo e che possono essere espresse in un finale con tante slide descrittive le quali non avranno mai un seguito diretto, come può essere la valanga di testo alla fine di Rogue Trader, un altro quando si prova a tirarla avanti per diversi giochi uno seguito dell'altro.

Pertanto con Veilguard si è presa una decisione abbastanza drastica. Il progetto è cambiato diverse volte nella sua identità. Da Spin off multiplayer a game as a service, per approdare solo alla fine e per poco tempo sul totale ad essere un gioco single player tradizionale.

Le uniche informazioni da importare, al netto di aspetto e classe dell'Inquisitore che se determinano il background, sono tre. Se l'Inquisizione è stata smantellata o affidata alla chiesa. Con chi l'Inquisitore ha avuto una relazione romantica. Se Solas deve essere fermato o se può essere redento. Queste informazioni cambiano pochissimi dialoghi incidentali.


Ed è stato visto come un tradimento, come un abbandono delle fondamenta della serie.

Da un punto di vista logico, Veilguard è ambientato a nord del continente, ed i luoghi dove le conseguenze delle nostre azioni possono avere avuto un effetto sono lontani. Ma il gioco utilizza moltissimo testo scritto, nella forma di Codex e Lettere, per informare il giocatore di cosa accade nel mondo. In questo spazio potevano trovare molte delle inflessioni e differenze generate dal Dragon Age Keep.

È vero che comunque si tratta sempre di cose da dover progettare, pianificare ed eseguire, saranno con un costo inferiore rispetto a dover mostrare questo in cutscenes o dialoghi doppiati, ma il costo 0 non esiste.

Inoltre Veilguard adopera una scelta narrativa alquanto peculiare. Ho i flash back del finale di Neverwinternights 2. Rock Fall, Everybody dies. Il sud di Thedas, dove appunto esiste la maggior parte delle conseguenze del Dragon Age Keep, viene invaso e devastato da un Flagello. Le forse Inquisitoriali provano a tenere tutto a bada, ma l'idea che una cosa del genere sia stato fatto per fare piazza pulita e poter decidere di ignorare qualsiasi cosa perché guarda caso quelle persone sono morte... non dico sia evidente, ma bussa forte alla porta.

Avendo però ora finito il gioco, posso dire che l'effetto è stato meno drastico del previsto. Il gioco è effettivamente molto rimosso dal sud e non ho sentito la mancanza del mio World State. Ci sono un paio di punti che potevano essere elaborati ed avrei gradito averli, ma nulla di drammatico nell'ottica complessiva.

The Conflict

Dov'è che Veilguard lascia davvero a desiderare è nel tono generale della scrittura.

Ci sono molte cose delle quali si potrebbe parlare. Da come la scrittura sia molto didascalica e ripetitiva, da come la complessità sia abbassata per un'utenza più ampia, al netto del termine "recalcitranza"che appare nel gioco, di come i personaggi esprimano un range di emozioni molto ridotto.

Ma credo che il problema più grande sia l'assenza di conflitto. Che si sviluppa sia lato gameplay che lato scrittura. Un cliché dei giochi di ruolo occidentale con party è sempre il seguente. 

Nei Dragon Age precedenti, ad ogni compagno era associata una barra di approvazione. Poteva avere valori positivi o negativi. In Inquisition era presente matematicamente ma non aveva una rappresentazione grafica. Avere questi valori agli estremi influenzava le risposte dei compagni al giocatore e poteva portare anche ad alcuni di loro a lasciare il party. O banalmente portava a scene di confronto con il giocatore, che dovevano essere gestite.

A mio parere, questo generava un legame molto più forte con le personalità dei compagni di gioco. Se qualcuno risultava antipatico, era possibile sommergerlo di insulti. I dialoghi tra i compagni potevano variare, creando un'atmosfera diversa. La possibilità di insultare, opporsi, confrontarsi e scontrarsi per idee differenti da sapore non solo ai videogiochi, ma alla vita stessa.

Veilguard rappresenta invece una visione del mondo assai diversa. Un mondo in cui comprendere e mantenere un atteggiamento positivo è l'unico modo accettabile di interagire. È noto che noi giocatori, come dimostrato dalle statistiche di telemetria dei giochi, tendiamo a impersonare i buoni. Sempre. A supportare i nostri compagni e a cercare la soluzione più pacifica ai conflitti. Questo spiega perché spesso il percorso dei cattivi nei giochi di ruolo è meno sviluppato rispetto a quello dei buoni, o appare più forzato e non si integra bene con il resto del gioco, non riuscendo a restituire un'immagine eroica come richiesto dal gioco stesso.

Ma la sola presenza della possibilità dell'azione malvagia, rinforza quella più "onorevole". 

Un esempio di Dragon Age 2 che guardando online è rimasto impresso anche a tanti diversi giocatori è la scelta di cosa fare di Orana. Una schiava di un Magister del Tevinter. Una volta salvata le scelte sono tre: darle dei soldi e lasciarla libera, offrirle un lavoro pagato come inserviente presso la propria abitazione o renderla propria schiava.

Il fatto che l'occhio cade lì, sul "rendila una tua schiava", attiva dei processi mentali che ci fanno ragionare sulla scelta. In base a come stiamo ruolando il personaggio possiamo fare come meglio crediamo ma le azioni positive sono rafforzate dal confronto con le negative e viceversa.

In Veilguard questo non c'è. Rook, il protagonista, è questa sorta di psicologo di quartiere pronto a dare una pacca sulla spalla e qualche parola di incoraggiamento in ogni situazione. Ogni. I compagni non possono odiarci, ma solo approvare ciò che facciamo. Non ci sono conseguenze né espresse meccanicamente né a livello di storia. Possiamo decidere come completare la loro quest personale, ma entrambi i risultati sono sempre positivi.



Anche nei momenti di sparuto litigio tra qualche membro, non si raggiunge mai un livello di escandescenza elevato. Cioè in Dragon Age 2, uno dei nostri compagni, Fenris, in piena amicizia arrivava a dirci questo. Anche i rapporti in Inquisition potevano diventare molto tesi.

Questo addolcimento si propaga a tutto il mondo di gioco. Per tre titoli abbiamo avuto il discorso sul Tevinter e la schiavitù e di come questo sia un problema e nei giochi precedenti se ne discuteva molto, anche in mezzo a crisi da fine del mondo. In Veilguard siamo nel cuore del Tevinter, nella loro capitale e, anche se il gioco si accorge della loro presenza, li nomina e ne mostra anche alcuni usi, non approfondisce mai nulla. Non è nell'interesse del gioco e della storia.

Anche i nostri avversari sono categoricamente cattivi, privi di qualsiasi sfumatura di grigio, proprio per precludere ogni tipo di conflitto.

Questo è il vero punto critico di Veilguard e del perché non produce alcun momento di spicco, da ricordare. 

The Closure

Tutto però si ribalta quando si parla della lore del mondo. Questa parte rimane strutturata bene e portata al giocatore nel giusto modo. 

Un esempio molto discusso online è come i Corvi siano ora degli anti eroi abbastanza buoni ed eroici, mentre nei precedenti capitoli li conoscevamo un po' di sfuggita come questi assassini a pagamento che rapivano i bambini e li allenavano sin dalla tenera età. Ecco, tra codex e dialoghi accidentali, si vede come ogni divisione dei Corvi opera a modo suo e che dopo le peripezie di Zevran (canonizzando un po' la sua esistenza) l'intera associazione è dovuta cambiare, migliorare. Spiegazione che può non piacere, ovviamente, ma c'è. E così su tanti altri aspetti. Non tutti, ma la maggior parte.

Veilguard da quel punto di vista è effettivamente la fine di tutte le macro storie iniziate con Origins. Certo, L'architetto ci chiediamo ancora tutti che fine abbia fatto. 

Il problema che si può vedere in Veilguard è qualcosa che ci si porta dietro tutta la serie sino ad adesso, ovvero quell'amore per centellinare rivelazioni della storia. Dragon Age Origins ha impostato l'ambientazione, ma abbiamo avuto qualche informazione in più praticamente solamente in the Trespasser, un DLC di Inquisition. Quindi Veilguard si struttura come una sequenza di vomito di informazioni, con molti elementi quasi buttati per caso, senza gravitas.



Ci sono momenti specifici dove i tutti i compagni si riuniscono per discutere di quel che stanno imparando e l'idea generale è che solo loro e pochissimi altri sono a conoscenza di tutte queste verità e che liberarle nel mondo senza controllo causerebbe il disastro. 

Però chiude quel che andava chiuso. L'origine degli Elfi. L'origine del velo. Cosa sono i Titani. Il Flagello come è nato, cosa è, come si diffonde. Il rapporto degli dei antichi con gli arcidemoni, i draghi. La storia del creatore e della cittadella nera.

Tutto viene decompattato e detto al giocatore. Non ci sono più dubbi. L'ambientazione è pulita. 

Vengono lasciati degli indizi su come la cosa possa continuare. Una nuova minaccia al di fuori del continente. Veniamo a conoscenza che i Qunari si sono spostati verso il Thedas fuggendo da un nemico. hanno creato i Qunari sputafuoco per questo scopo. Il Flagello sta cambiando in modo non proprio prevedibile. Quindi insomma, abbiamo una possibilità di un nuovo conflitto da una fonte completamente nuova, esterna, il modo migliore per ripartire effettivamente.

E sinceramente, tutta la trama di alto livello, con i reveal, i momenti cinematica ed i dialoghi con Solas, sono un punto alto del gioco e che hanno interessato molto il me appassionato all'ambientazione. Questo però è anche al centro del paradosso. Tutte le informazioni che il gioco da sono interessanti per i veterani, ma il continuo ripetere concetti e alleggerimento è più adatto ad un'udienza target che non ha un attaccamento emotivo alla serie, visto che dovremmo essere un po' tutti trentenni.

Poor Talents

Una delle cose che spesso si legge online è come i problemi di scrittura del titolo siano dovuti alle persone che ci han lavorato sopra. Al poco talento.  Al fatto che la Bioware storica non esiste più. Ed è vero come ci sia stato un ricambio enorme di personale. 

Ma riportarlo solo in quest'ottica è un modo estremamente infantile e miope di vedere la questione. Eppure bastano pochi minuti di ricerca su internet e da gente teoricamente del settore sentire lamentele di questo tipo mi spaventa, perché sono assolutamente non professionali e non aggiungono nulla alla discussione.



Basta andare nella wikia di Dragon Age, per vedere i cambi di direzione. La posizione di Lead Writer, quindi dello scrittore praticamente in carica dell'ambientazione non solo del gioco è cambiata nel 2015. Tenuta dal 2009 al 2015 da David Gaider, il creatore di Thedas, per poi passare il testimone a Trick Weekes. Purtroppo ha i capelli blu, usa ipronomi They/Them. Insomma, perfetto per l'odio automatico di Internet. Un sinistroide americano.

Dov'eravate però con queste lamentele quando stavate cantando Gilber e Sullivan insieme a Mordin? Tutti i momenti strappalacrime di Tali ? Solas e Cole in Inquisition? Sua è tutta la quest di Trespasser.

Per dire, Lace Hardins viene spesso additata come uno dei cambi peggiorativi in Veilguard. Perché in Inquisition appariva come una scout nana che sapeva il fatto suo, mentre in Veilguard regredisce ad una sorta di adolescente molto più espressiva nelle sue insicurezze.

Lace Harding è stata scritta in Veilguard da Sheryl Chee. Che sta nella serie da Origins, avendo passato al setaccio Leliana, Isabella, Blackwall. Dov'erano le lamentele di poco talento?

Lucanis, altro personaggio molto più blando di quel che potrebbe essere, è stato scritto dalla stessa mente di chi ha portato Varric in tutti e tre i giochi e dietroSten e Loghain Mac Tir del primo.

Quindi qual è il problema del senzatalentismo? Mi sembra di capire che il talento ci sia. Quel che cambia molto nei videogiochi, poiché sono opere corali, è la direzione. Le persone devono essere guidate verso lo scopo e direzioni poco ispirate possono far sprecare il talento.

David Gaider sull'oramai semi defunto Twitter visto il movimento in massa su BlueSkydiceva:


Stava cambiando l'importanza degli scrittori sul resto del team. Questo forse è il vero punto da portare all'attenzione. Non lamentele sterili che non arricchiscono il discorso. Eppure le informazioni sono tutte lì fuori.



The Non Binary in you




Ci provo? Ci provo.

Intorno alla discussione del Binarismo in Veilguard, tutti quelli che non ci hanno giocato, ma anche quelli che l'han fatto ma molto distrattamente, portano l'attenzione su due scene. La prima è quando il personaggio di Taash dice apertamente "I am non Binary" a sua madre. La seconda è una scena di flessioni fatte per scusarsi di aver sbagliato ad usare il pronome giusto.

La prima appare un po' come il meme dei griffin "maddai chi è che inizia una conversazione così", e decontestualizzata completamente appare. Taash è il personaggio X-men del gruppo. Nel senso che è diverso.

Ora il problema che ho con questo personaggio è che porta con se tre elementi di conflitto, contemporaneamente e perde l'occasione di usare l'allegoria per portare avanti un messaggio, con un risultato un po' pasticciato. Gli X-Men sono diversi dagli altri umani per via dei loro poteri. Questa diversità porta ad odio, razzismo e violenza nei loro confronti. Ecco, i poteri degli X-men rappresentano l'essere gay, neri, di culture diverse. Tutti noi abbiamo un conflitto identitario di qualche tipo. Gli X-men però senza dire esplicitamente "sono gay" portano avanti anche quella battaglia.

Taash ne porta al suo interno tre. Ha la capacità di sputare fuoco, un'abilità rara nei Qunari e per le quali vengono sfruttati in battaglia come berseker. Poi abbiamo Il fatto che è figlia di una ex seguace del Qun che quindi ha dalla sua l'eredità Qunari della sua famiglia e quella di Rivian nella quale è cresciuta. Quindi assimilabile ad un immigrato no? E poi c'è il fatto che non si sente conforme al suo sesso biologico. Tre elementi sovrapponibili. Il gioco tratta i primi due con molta più sommarietà dell'ultimo dove invece si inventa in modo molto interessante come i termini moderni che usa per esprimere questi concetti, derivano dal Tevinter. In quanto è l'unica parte di Thedas dove diciamo la cultura, è avanzata al tal punto da permettersi di affrontare e definire questi argomenti. Prima del loro contatto con Rook, non aveva mai trovato i termini giusti per esprimere questo concetto perché la Qun dei Qunari ragiona su altri livelli, come già ci fu detto in Inquisition, mentre il resto di Thedas non è che brilli per innovazione.


Cosa che in tutta onestà ho apprezzato. Certo, rimane un punto di vista estremamente americanocentrico e legato alla lingua inglese, infatti in non tutte le traduzioni è stato fatto un buon lavoro, alcune lingue sono più o meno flessibili per recepire certi concetti.

La scena delle flessioni è un po' on the nose, per dirla all'angolofona. È in linea con la nuova personalità di Isabella che a quanto pare è rimasta così impressionata dalla CAZZATA fatta a Kirkwall che ha fatto un 180° assurdo, e la scena si dedica a spiegare perché fare flessioni per scusarsi e non sul cosa ci si deve scusare, quindi la morale effettiva è un'altra. 

Fatto sta che su 47,9 ore di giocato, la storia di Taash occupa davvero poche cutscenes sull'argomento.
Ma come sempre, sono le minoranze che ci danno fastidio, non la maggioranza.

The Rest

Sul resto di Veilguard cosa si dice? Nulla. È vero che generi diversi chiamano per diversi pesi alle parti che le compongono, ma credo che volontariamente ci si scorda di come applicarli in base all'umore del momento. Inquisition poteva essere un colabrodo per loot e struttura, ma ha la storia e personaggi belli quindi va bene. Veilguard è quasi l'opposto.

Il combattimento, essendo in tempo reale con schivate e parate da calibrare, ha finalmente raggiunto un livello di divertimento tattile accettabile, superando le precedenti versioni di DA2 e Inquisition. È un peccato che i compagni siano ridotti a mere fonti di effetti per incrementare il danno, senza offrire caratteristiche distintive o uniche al contesto della battaglia. Tuttavia, non mi sono mai annoiato eccessivamente combattendo. Ho costruito il mio mago come un Mourn Watcher, focalizzato sull'uso del raggio della bacchetta per disintegrare qualsiasi cosa in pochi istanti. I nemici incontrati alla fine sono solo variazioni estetiche piuttosto che sfide strategiche vere e proprie, ma questo aspetto è comunque apprezzabile.

Anche il loot credo che sia l'iterazione più interessante della serie. Non so eh. Origins era molto normale per il genere. Il 2 era insignificante e molto limitato. Inquisition aveva il sistema di crafting che rompeva tutto. Qui invece si ottengono degli oggetti base dall'estetica differenziata e mano a mano che si va avanti li si potenzia aggiungendone effetti e aumentandone le statistiche. Dando quindi un pool ridotto ma fin da subito pianificabile per build fino alla fine del gioco.



Le ambientazioni credo siano le più riuscite. Se non per forza per direzione artistica, quella è a gusti, ma per struttura. Abbiamo corridoi elaborati, pieni di segreti e piccoli puzzle ambientali nelle ambientazioni più selvagge. Forse il compromesso migliore tra i corridoi secchi e impersonali di Origins e le macroaree sconfinate di Inquisition.

Anche tecnicamente, il gioco gira molto bene. Tra i 30 fps mantenuti al minimo su Steam Deck con aiuto di ricostruzione XeSS, tanto ai 60+ sul PC principale con dettagli alti.


E quindi niente, ci siamo beccati un gioco MID che però chiude la megastoria di Thedas iniziata in Origin. E meno male.

Stay Classy, Internet.



Nessun commento:

Posta un commento

01 09 10