Piattaforme: PC(giocata)/PS4/PS3/XboxOne/360 Data di uscita: 1 Settembre 2015
Il tafferuglio tra Kojima e la Konami credo che oramai sia noto a tutti i videogiocatori, ma è bene ricordarlo comunque. La Konami, dopo aver scoperto il mondo del gaming mobile, si è progressivamente ritirata dal produrre giochi di stampo classico, chiudendo il progetto per il nuovo Silent Hill che doveva essere realizzato dalla magica combo Kojima-Del Toro e iniziando a tagliare la corda alla produzione di Metal Gear Solid V, visto il lungo tempo di sviluppo con il costo associato, di fronte a ricavi preventivati non proporzionali allo sforzo messo dietro al progetto. Questo Metal Gear è l’ultimo della saga. L’ultimo diretto, scritto e pensato dal suo creatore. Cosa accadrà dopo non è dato saperlo, ma per ora, andiamo a scoprire come Kojima ha deciso di chiudere il tutto.
Filmati dove siete?
Il primo grande colpo di scena è quello dell’impianto narrativo. Il gioco parte forte, come da tradizione, con un’intro fatto di gameplay sofferto, forzato, inserito a tratti in un grande numero di filmati e sequenze scriptate, con il controllo fermamente nelle mani del regista. Insomma un tipico Metal Gear. Invece, dopo quest’oretta di gioco guidato, vedrete davvero pochi filmati, tutti di qualche minuto al massimo, che intervallano ore ed ore di gameplay.
Il gioco ha una natura da open world e la narrativa si deve quindi adattare a questo nuovo elemento. Il gioco è suddiviso in missioni, ognuna con i suoi mini titoli di testa e di coda, come a voler rappresentare le puntate di una serie televisiva, invece che un grande film come in passato. Un piccolo briefing all’inizio ed un debriefing a compito ultimato concentrano di solito tutte le informazioni necessarie. Il resto della narrativa è affidata alle cassette, già viste all’opera in Ground Zeroes tra l’altro. Dopo avvenimenti particolarmente importanti, il giocatore riceverà audiocassette con registrazioni tra i vari protagonisti delle vicende che discutono degli eventi appena trascorsi. L’ascolto di queste cassette è fondamentale per capire al meglio la trama e forniscono tutto il contesto necessario, ma invece che forzarsi sul giocatore, si piegano alla propria indole. Alcuni preferiranno ascoltarle tutte insieme facendo una pausa sul proprio elicottero-base, oppure si potranno ascoltare mentre si viaggia nel mondo, durante una missione o durante il viaggio da un luogo all’altro. Questa forma di narrativa è molto flessibile, molto economica (basta registrare le voci degli attori, niente motion capture e rendering grafico) e ben si armonizza col il resto del gioco, che tende sempre a lasciare al giocatore una grande libertà di azione su come approcciare ogni aspetto del gioco.
Rispetto al resto della saga, ci troviamo 9 anni dopo Ground Zeroes e 11 anni prima di Metal Gear (il primo, quello per MSX), nei panni di Big Boss. A causa di ferite di una certa entità, Big Boss è rimasto in coma per 9 anni. Al suo risveglio, il mondo sembra avercela con lui. Big Boss dovrà quindi ricostituire ancora una volta una banda di mercenari, chiamati Diamond Dogs questa volta, per porre fine alla minaccia che rappresenta Chiper e Skull Face. Dire altro sarebbe un delitto, in quanto i colpi di scena si sprecano ed il gioco arriva a toccare con le sue rivelazioni tutti gli altri Metal Gear rilasciati finora. Il tono è in media più cupo del resto della serie ed il tema principale è quello della vendetta che genera violenza che genera altra vendetta. Roba pesante, più pesante di ogni altro Metal Gear finora.
Kojima riesce come al solito a plasmare un qualcosa allo stesso tempo di straordinario ed incredibilmente stupido. Tematiche forti, filosofie interessanti e buona fantapolitica, cozzano contro una fantascienza becera e dialoghi dalla qualità altalenante, in grado di essere commoventi ed epici o terrificanti. Ed è questo strano mix che da una forte identità a Metal Gear. Momenti strani, completamente fuori da ogni logica, momenti divertenti che si basano molto sulle stranezze interne della saga, unite ad un mondo che sembra simile al nostro, con il quale i protagonisti si interfacciano. Il sapore Kojima si respira per tutto il gioco, ma questa natura open world lo spezza fin troppo a mio avviso.
La parte centrale dell’avventura risulta un po’ debole, con molte missioni che “non portano a nulla” o che avanzano la storia di un nonnulla. Questo porta purtroppo ad un calo evidentissimo nel ritmo narrativo che va a far male all’insieme che si viene a creare. L’inizio è fortissimo, il finale altrettanto, se non di più, ma in mezzo….. è un po’ vuoto. The Witcher 3 è stato un gioco che ha saputo infondere il suo open world di narrativa e di storia in ogni angolo ed ha saputo gestire bene l’unione di una forte trama centrale con la struttura aperta. In Metal Gear Solid V si vede che le due anime del gameplay e della storia invece cozzano più del dovuto. L’avventura durerà una cinquantina di ore, più per il perdersi a fare missioni secondarie e sprecati in tempi morti che per un’effettiva lunghezza della storia.
Un problema gravissimo della storia è che non finisce. Non ha una conclusione vera e lascia un paio di punti abbastanza importanti irrisolti. Poi si scopre grazie al DVD dell’edizione speciale per Ps4 che una missione finale è stata tagliata dal gioco ed è di una certa importanza per la storia. E ti rimane l’amaro in bocca. Il gioco in se è un’ottima conclusione della saga diretta da Kojima, ma guardando in se, rimane incompiuto. Le emozioni del finale saranno quindi contrastanti, un misto di confusione mentale per i segreti appena appresi e amarezza per il buco lasciato aperto.
Un piccolo mondo aperto fatto di puro gameplay ed elicotteri
Non l’avrei mai e poi mai detto, ma la perla di questo gioco è il gameplay. Semplicemente perfetto. O quantomeno, io non vi ho trovato grossi difetti o cose della quali lamentarmi ed io sono una gran rompi per queste cose di solito. L’attenzione al dettaglio e la profondità del gameplay è davvero elevata ed è la massima espressione della saga.
Il modo di comandare Big Boss è ripreso pari pari da Ground Zeroes. I comandi sono abbastanza precisi e scattanti, c’è la possibilità di sparare sia in terza che in prima persona ed il protagonista ha 3 livelli di altezza: in piedi, accovacciato e disteso. Insomma, ci troviamo di fronte al sistema già visto in Metal Gear Solid IV, che oramai ben convince e ben funziona. Il CQC, ovvero le mosse di corpo a corpo sono anch’esse quelle di Ground Zeroes, che ricalcano un po’ il passato, andando a dare una combo di 3 colpi qualora si decida di affrontare il nemico frontalmente , atterramenti automatici a volte anche contestuali inclinando lo stick e prese per interrogare il nemico e poi metterlo a tacere. La ridicola complessità di MGSIV non c’è più ed il sistema è molto intuitivo da eseguire e risulta molto elegante, a mio avviso il miglior riuscito della saga. Comandare Snake è un piacere e raramente si incapperà in situazioni dove i comandi saranno di impiccio e disturberanno l’azione.
Il gioco come ho già detto è diviso in missioni. Tutte iniziano nello stesso modo. Si atterrerà nella zona della missione attraverso il vostro elicottero, ci si avvicinerà ad una base nemica, si scruterà il campo marchiando i nemici e si deciderà come procedere in base agli obiettivi di missione ed alla propria indole. Ed il punto centrale di tutto il gioco è proprio questo. La libertà di approccio alle situazione e come esse cambiano. Le aree di gioco sono solo 2: Afghanistan e Africa. Le mappe non sono troppo grandi e le missioni, primarie e secondarie, avranno luogo sempre negli stessi punti, con quelle principali che apriranno zone nuove o vi porteranno in location un po’ fuori mano, ma si sta sempre nelle stesse basi, negli stessi posti. Questo porterebbe alla ripetizione ed alla noia più totale. Invece, MGSV grazie alla sua varietà riesce ad evitare che questo accada e lo fa in più modi. La prima, grande intuizione è la difficoltà del gioco che si adatta allo stile del giocatore. Siete un giocatore come me, che tende a fare sempre colpi alla testa contro i nemici e attacca sempre di notte per sfruttare la scarsa visibilità? Ecco che i nemici si doteranno di elmetti e visori notturni. Abusate le granate soporifere? Indosseranno maschere antigas. E così via. Questo continuo adattamento vi terrà sulle spine e costringe il giocatore a cercare nuove tattiche e nuovi strumenti da usare contro il nemico. Ogni missione inoltre può essere completata in più modi, il tutto mantenendo una logica interna forte di azione-reazione, andando davvero incontro ad ogni tipo di giocatore, specialmente quello creativo. Verso il finale del gioco, quando le avrete usate davvero tutte, vi ritroverete con nemici praticamente corazzati dalla testa ai piedi deboli solo al CQC, ma rimangono un’eccezione e non la regola, quindi sono ostacoli particolari da aggirare o controbattere nel modo giusto, il gioco non è mai frustrante. A questo si collega la seconda trovata che è l’insieme di possibilità date al giocatore attraverso un vastissimo arsenale di gadget ed armi che possono trasformare il proprio approccio in modo radicale. L’intelligenza artificiale purtroppo non brilla tantissimo, almeno fino a quando non vi imbatterete in missioni speciali con modificatori particolari, molti difficili e fatte per veterani e in quei frangenti si noterà un’IA aggressiva e reattiva a livelli mai incontrati nel resto del gioco. Quelle missioni di sicuro offriranno un’ottima sfida per chi la cerca e per i veterani del genere. Vi scoraggerete quando vedrete il solito trenino di soldati che si forma quando ne abbattete uno, ma vi meraviglierete quando vedrete un soldato buttarsi su di una granata che avete lanciato per proteggere i compagni.
Il giocatore andrà a creare una propria base militare, come in Peace Walker, nella quale alloggeranno tutte le persone recuperate dal campo di battaglia, attraverso il Fulton Recovery System, un sistema di recupero personale basato su un palloncino che spara in aria cose e persone recuperate poi da un aereo ad alta quota. Ogni soldato nemico stordito o tranquillizzato si trasformerà in una recluta per la vostra base e fornirà supporto in qualche modo a Big Boss. Migliorando la sezione R&D potrete sviluppare nuove armi, migliorando la sezione di Intelligence otterrete informazioni sui nemici e previsioni meteorologiche durante le missioni. Ci sono anche la sezione medica per sviluppare droghe e curare i vostri uomini, la sezione di combattimento che vi permette di schierare i mercenari in varie missioni per il mondo, quella di sicurezza della base, di supporto e di costruzione. Tutto questa diversificazione si basa sulle statistiche di ogni soldato, che possono andare dalla E alla S++ ed indicano l’attitudine nelle varie “materie”. Questo trasformerà il gioco in una caccia al soldato perfetto o quantomeno al soldato migliore, per poter dare un boost notevole alle proprie sezioni. L’utilizzo dei binocoli permette di identificare queste caratteristiche mentre si è sul campo, ma come sempre tra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare e non sempre riuscirete nel vostro intento. Lo sviluppo della base è davvero ben fatto e non è una semplice tabella con sopra dei numeri come in tantissimi altri giochi. Potrete vedere la vostra base crescere di persona, con gli uomini che la riempiranno, che chiacchiereranno tra di loro parlando delle missioni che intraprenderete e che potrete plasmare per colore e per simbolo, che verrà mostrato sulle divise degli uomini e nelle bandiere della base, dando un fortissimo tocco personale al tutto. La personalizzazione non si estende solo alla base, ma anche ai suoi veicoli (sempre recuperati con il Fulton sul campo) ed all’elicottero che vi accompagnerà nei vari luoghi. Con i giusti potenziamenti può anche darvi una mano a combattere contro i nemici. L’interfaccia per gestire il tutto non è delle migliori, ma basta farci l’abitudine.
Un’altra grande meccanica di questo gioco che non ho mai visto da nessun altra parte, soprattutto eseguita con una perizia tale è quella dei compagni. Fin dalle prime missioni, sarete accompagnati da un compagno, praticamente un altro personaggio che starà al fianco di Big Boss sul campo di battaglia. Il primo è D-Horse, un cavallo che vi aiuterà a spostarvi più velocemente. Ci saranno altri 3 compagni, tutti mostrati nei vari trailer. D-Dog è un cane-lupo e vi seguirà fedele marchiando in automatico tutti i nemici ed obiettivi entro un certo raggio sfruttando il suo fiuto. Utilissimo per missioni di salvataggio o di infiltrazione. Quiet, la cecchina semi-nuda, sarà un compagno da comandare attivamente usando la schermata della mappa e quella degli ordini compagni, in grado di andare in ricognizione ed offrirvi fuoco di copertura da posizioni di vantaggio. L’ultimo è D-Walker, un robot/veicolo bipede guidabile, armato fino ai denti e molto mobile, comodo in condizioni di assalto. Anche questi compagni hanno tutto un loro albero di potenziamenti, che possono cambiarne anche drasticamente il ruolo in battaglia. Questi, combinati con le possibilità date al giocatore, danno davvero un ventaglio di possibilità di approccio alle situazioni fantastico.
Vorrei parlare un pelino di più dei gadget e delle armi. Il giocatore ha a disposizione 3 slot armi per le missioni. Uno per un’arma secondaria, che può essere una pistola o una mitraglietta, e 2 per armi primarie. La scelta è ampia. Fucili d’assalto, a pompa, lanciagranate, mitragliatrici leggere, lanciarazzi anche teleguidati, cecchini letali ed a tranquillanti. In più ci sono tutte le armi secondarie. Oltre alle iconiche scatole di cartone, ci sono granate stordenti, fumogene, soporifere, esplosive, C4, Claymore, bambole gonfiabili a forma di Big Boss…. Essere preparati è importante, ma il gioco da sempre la possibilità al giocatore di cambiare tattica. È possibile infatti richiedere dalla base un lancio di equipaggiamento. Non sempre sarà possibile per via della velocità e pericolosità delle missioni principali, ma queste tendono a lanciare sorprese al giocatore ed avere uno strumento per rispondere ad ogni evenienza è fondamentale. Come unico appunto, cosa che nessuno noterà se non i malati come me, Metal Gear ha sempre avuto armi vere, con nomi veri. Non si sa perché, ma in MGS V, si è deciso di andare con armi con nomi finti. Di solito usare i nomi veri costa in quanto bisogna pagare le licenze e con la mole di equipaggiamento presente in questo capitolo forse il costo era elevato? Non so, però è un qualcosa che dispiace, principalmente perché stona con il resto della saga.
Le missioni secondarie avvengono nelle mappe senza limitazioni di alcun genere. Consistono in variazioni di “elimina il bersaglio X” o “libera il bersaglio Y”, utili per recuperare personale, fare soldi per mantenere la vostra base e testare nuovo equipaggiamento.
Ci sarebbe tanto da dire, come per esempio che il fast travel nel gioco esiste e per attivarlo bisogna trovare delle piattaforme di scarico pacchi, prenderne le coordinate e poi ci si può trasportare da un posto all’altro munito di piattaforme interagendo con esse quando si ha una scatola di cartone sopra. Oppure come la presenza della salute rigenerante da in effetti un vantaggio alla tattica di esci-spara e rifugiati. Oppure come usare determinati gadget limiti il grado massimo ottenibile a fine missione. O come ogni missione presenti obiettivi secondari, a volte totalmente inaspettati e fuori dalla strada principale, ma che offrono rigiocabilità e permettono ancora di cambiare approcci.
Come Metal Gear questo qui è strano forte. Tutto questo gameplay, che mescola in modo sapiente stealth e azione, che varia sempre e che riesce a protrae via la monotonia data dal visitare sempre gli stessi luoghi. Di questi tempi è davvero raro trovare un gioco che piace per il puro gameplay e questo ci riesce in pieno. Non l’avrei mai detto per un Metal Gear. MAI. Unico disappunto è dato dalla presenza di tantissimi tempi morti tra una cosa e l’altra. Non sono caricamenti, ma transizioni forzate. Quando andrete in missione dovrete sempre aspettare che l’elicottero vi porti, stesso quando vi viene a prendere. Anche quando tornerete in base c’è sempre l’elicottero che fa i suoi bei giri panoramici. Anche il viaggiare nell’open world non è comodissimo, per via di veicoli lenti, del fast travel non presente in ogni punto e per la lentezza congenita dell’elicottero. Oppure la costruzione della base o sviluppo dei propri gadget, che richiede tempo reale di gioco a volte un po’ troppo lungo, anche di 3 ore. Altro punto a sfavore sono le Boss Fight. Presenti in quantità limitata in questo gioco e veramente poco epiche rispetto al passato, anche se sanno comunque divertire grazie alle meccaniche ottime del gioco in se.
Tra l’altro esiste anche una componente online. Arrivati ad un certo punto della storia potrete costruire una base avanzata oltre a quella che già possedete. Questa vi da benefici come il poter mandare in missione più unità contemporaneamente e genererà risorse automatiche in più. Ma può essere invasa da un altro giocatore. Andrà quindi difesa con misure automatiche, attive e passive. Purtroppo la base può essere invasa anche quando non si è connessi e quindi potrebbe capitare di riprendere a giocare dopo un paio di giorni di pausa e vedere di aver perso risorse ed uomini per causa di infiltrati. Si può controbbattere ovviamente. Meglio difendere la vostra base di persona e volendo può essere difesa anche da un vostro amico alleato. Di mezzo di sono delle microtransazioni, per costruire più basi avanzate, ma non danno fastidio. Ignorabilissime. Il mio consiglio è di evitare di costruire la base avanzata se non volete grane… ma avrete meno spazio per il personale, quindi dovrete andare a caccia di personale con grado S!
Non ho speso molto tempo in questa modalità ad essere sincero. Metal Gear Online invece arriverà ad ottobre per console e… a gennaio 2016 per PC.
Lasciarsi alle spalle le cose vecchie
La presentazione del gioco in termini cinematografici è come sempre eccelsa. Ottima regia, recitazione al massimo e piena di pathos, musiche azzeccatissime, personaggi unici visivamente.
Il gioco su PC è ben ottimizzato e sulla mia macchina, che ricordo montare un i5 2500k, 8GB di ram ed una GTX 970, gira al massimo dei dettagli, in full HD a 1920×1080 inchiodato a 60fps, con cali veramente sporadici causati o da motion blur particellare eccessivo o da impuntamenti dovuti al naturale processo di salvataggio automatico del gioco, ma nulla che rovini l’esperienza in alcun modo. Ho avuto modo di dare un occhio alla versione PS4 ed anche quella gira divinamente, va a perdere solo nei dettagli dalla distanza e delle ombre rispetto a quella PC.
Il problema però è alla radice. Il gioco esiste anche su 360 e Ps3 ed è questo secondo me che lo frena. Si vede come gli asset poligonali sono vecchi, come alcune cose mancano di complessità per causa di forza maggiore. Il gioco ha comunque un’ottima illuminazione dinamica fisica, ha comunque un buon senso di modernità… ma non c’è il salto rispetto a Metal Gear Solid IV. Da nessuna parte. Non c’è il fattore WOW grafico che spesso ha accompagnato la saga. È un peccato perché la produzione è a livelli altissimi come al solito, ma si vede che è tenuta a freno. Nulla di cui preoccuparsi però, la piacevolezza all’occhio c’è.
Recensione un po’ più lunga del solito per i miei canoni, ma c’era molto di cui discutere. Da un punto di vista di gameplay rasentiamo la perfezione secondo il mio parere, se non forse per la difficoltà generale un po’ più bassa del solito. Questo grandissimo passo in avanti però ha completamente devastato la narrativa del gioco, che perde tantissimo nella sua struttura e che mi ha colpito tanto nel cuore, malgrado io fossi uno di quelli che ha sempre criticato la saga per avere troppi filmati e troppo poco gioco. Possibile che non si poteva trovare una soluzione migliore per combaciare le due cose, invece di passare da un estremo all’altro?
In ogni caso, è un addio di Kojima fantastico.
Stay Classy, Internet
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