Monster Hunter Mayhem 3.0 - #1 - Incontro fortuito o destino?

 



La pratica della psicometria è sempre stata una delle branche più affascinanti della disciplina psionica. Gli individui con questo potere sono molto rari e sempre stati infinitamente preziosi. Persone utilissime per scoprire ogni più recondito segreto, che venivamo prontamente rapite, torturate o uccise. In fondo, la conoscenza è potere e questo ha sempre corrotto la mente delle genti e smosso intere guerre e rivolte. Nei giorni moderni, ci sono tante attività che gli esperti di psicometria possono intraprendere senza avere una spada di Damocle sulla testa. Alcuni sono rinomati archeologi, che cercano di ricostruire in modo più accurato la nostra storia. Altri aiutano le forze dell’ordine nel risolvere i casi più complicati, diventando degli investigatori infallibili.

Come sia possibile questo potere è ancora forma di dibattito tra le nuove scienze che si sono formate negli anni. La magia non riesce a ricreare lo stesso effetto. L’ipotesi al momento più gettonata è che alcune persone siano più in sincrono con il subconscio collettivo della specie umana, che racchiude tutte le menti di tutte le persone che hanno vissuto e che vivranno. Un oggetto, particolarmente legato emotivamente ad un evento o una persona riesce a fare breccia in questo marasma di emozioni e portarla a galla.

Molto spesso si pensa alla psicometria come una sorta di tasto magico che tutto risolve, quando in realtà la maggior parte delle persone riescono solo a percepire emozioni legate agli oggetti e qualche rara visione, ma sempre dal punto di vista dell’oggetto.

Evelyn è una di queste nuove figure professionali. Una timida figlia di una custode di un museo, cresciuta in mezzo ad oggetti di ogni tipo del nostro passato, sembrava avere una fervida immaginazione riguardo alle storie degli oggetti in mostra.  Famosi divennero i suoi racconti ai vari avventori della struttura.

Fu recuperata da Anthony dopo l’invasione aliena. Era sotto osservazione dal BOPD da parecchio tempo, ma non era classificata come persona pericolosa e pertanto fu lasciata alla sua vita, indisturbata. Divenne la sua spalla destra. Molto precisa, in grado di direzionare le sue visioni. Ed ora le sue doti erano messe alla luce nel migliore dei modi. Un diario. Scritto minuziosamente. Ogni parola era una guida per le emozioni.  L’aiuto magico di una delle più potenti maghe che il mondo abbia mai conosciuto, o almeno così lei ama definirsi, per aiutare la mente a funzionare al meglio.

L’unica speranza di capire qualcosa. Di rivivere il passato per avere una speranza per il futuro.

Si unirono tutti in cerchio, su dei comodi divani. Phoenix afferrò con la sua mano il braccio di Evelyn ed altrettanto fece Anthony. Ilythirra si posizionò dietro la ragazza, reggendone le tempie con le sue mani. Chiusero tutti gli occhi ed iniziò un viaggio. Jack Nicholson rimase fuori dalla seduta. Si appoggiò ad una finestra, guardando la caotica città sottostante.

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Delhi. 1857. In un periodo storico importante. I moti d’India. La popolazione indiana, stanca dei soprusi inglesi, si stava muovendo veloce per riprendere il loro territorio. Delhi sarebbe stato il suo bersaglio successivo.

L’agitazione nell’aria era palpabile. Gli inglesi erano terrorizzati, con la perdita della loro sicurezza e superiorità. Gli indiani non sapevano da che parte schierarsi. Ma c’era anche un’altra attenzione per Delhi. C’era qualcosa di importante, sconosciuto ai più ma che attirava troppi sguardi.

Il destino di cinque uomini si incrociò in quella città. Tutti attirati dalla stessa cosa. Tutti con un’idea diversa. Chi in cerca di persone. Chi di soldi. Chi d’amore.

Tutti attratti alla stessa zona. Tre edifici. Un paio di negozi, di vasi e tessuti, una casa. Uno strano silenzio rispetto la resto della città. Poca gente. Voglia di fuggire via. Eppure Percival Cock entrò spavaldo nel negozio. Neanche il tempo di aprire bocca che il commesso cercò di mandarlo via. Negozio chiuso, stavano giusto facendo l’inventario e capire cosa fare in quei tempi difficili.

Contemporaneamente Akshay Kumar fece un’entrata estremamente più dinamica. Saltò da un tetto vicino su quello del negozio. L’atterraggio fu eseguito con perizia, ma il rumore fu sentito decisamente nel piano sottostante. Percival decise che fosse meglio andarsene, vista la fatiscenza del locale.
Uscì, ma rimane sull’uscio a guardare la strada.
Il commesso salì le scale, estraendo un coltello, pronto a combattere contro l’intruso.

Kumar cercò di coglierlo alle spalle, ma nella sua incredibile tracotanza pensò fosse estremamente più interessante ruotare le canne della sua pepperbox prima di sparare. Il rumore fu tale da far scattare d’istinto il commesso, che dimostrò una perizia da combattimento maggiore del previsto, riuscendo a ferire con un coltello il soldato indiano. Vantaggio effimero, cancellato da tre colpi di arma da fuoco nel petto. Non abbastanza da uccidere, ma il commesso non era più in condizione di combattere.

Gli spari si fecero sentire. Entrarono tutti in allerta. Percival rientrò in negozio lesto e iniziò a cercare cose utili, di valore. Il libro del registro vendite poteva essere utile e se lo intascò.

Jyotirdhar Gopala fece il suo ingresso sulla scena. Questo esile indiano emanava un’aura di potere e pace contemporaneamente. Era sicuro di sé, fiero. Deciso. Forse troppo poco flessibile. Entrò urlando. Allertato dagli spari, doveva prestare soccorso a chiunque fosse stato eventualmente colpito da quest’arma. Dove, perché e quando non era dato saperlo, ma la sua voglia di gettarsi a capofitto, ignorando il buon senso, era invidiabile.

Percival riuscì a direzionarlo sopra, visto che gli spari provenivano dal tetto. Appena il santone superò le scale, il brigante si diresse veloce verso la porta. Sulle scale Kumar e Gopala si incontrarono, ma contro ogni previsione, riuscirono a lasciarsi andare pacificamente. Il malcapitato commesso era stato infilato in uno dei vasi del terrazzo, impossibilitato nel muoversi e svenuto per le ferite subite.

Gopala si mise al lavoro, cercando di guarirlo con degli unguenti preparati dal suo ordine monastico. In quel periodo la medicina stava facendo passi da gigante, ma non ancora in India. Le cure si rivelarono essere peggiori delle ferite da proiettile, ed avrebbero causato un’infezione letale a lungo andare.

Percival fu fermato all’ingresso da Xander. Un figuro strano. Con una machera che copriva mezzo volto. Con un’arma a metà tra un bastone, una spada ed una frusta. La sua missione era molto personale e non aveva molto interesse negli altri. Percival riuscì a convincerlo di non essere di interesse e si divincolò.

Kumar scese al piano terra e mostrò il suo disappunto alla cosa. Il brigante inglese era la persona losca! Si lanciò quindi all’inseguimento, mentre Xander andò sul tetto dal santone e dal ferito.

La corsa tra i vicoli della città fu forsennata e non senza sorprese. Kumar era fisicamente più pronto, ma le stelle non erano con lui in quel momento. Percival riuscì a prendere molta velocità ed il tentativo di fermare il pirata inglese lanciando un’arma da fuoco fu vano.

All’improvviso, da un tetto limitrofo Mihit Sinjali, cacciatore nepalese incapace di parlare, capace di esprimersi solo a grugniti, si lanciò sull’uomo in corsa con l’evidente intensione di placcarlo. Fallì miseramente, andando a schiantarsi rovinosamente, buttando entrambi a terra, doloranti.

Kumar sopraggiunse ed armi alla mano fermò Percival, lo legò e lo riportò al negozio. Entrando, trovò Xander e Gopala con il corpo del ferito svenuto sul bancone, mentre cercavano di portarlo dalle autorità per aiutarlo.

I battibecchi iniziarono a salire, fino a quando non furono interrotti da un elegante uomo inglese.

“Mi avete fatto un favore a tornare tutti qui da soli. Trovarvi ed uccidervi uno ad uno sarebbe stato molto faticoso e dispendioso.” Sguainò una spada e si lanciò all’attacco.

 I suoi colpi erano rapidi, precisi e letali, come se dietro di essi si celasse una forza nettamente superiore rispetto alle apparenze dell'uomo. Kumar fu il primo bersaglio e si ritrovò con il braccio destro ferito, inutilizzabile. Tutti i presenti, meno Percival legato, diedero davvero una scarsa dimostrazione delle loro capacità. Mihit riuscì ad sbagliare la sua collaudata manovra di estrazione e scocco rapido con l'arco. I potenti attacchi dello spirito di Gopala non andarono al segno, così come i fendenti della lama di Xander. 
Il loro avversario sembrò rilassarsi, come ad aver visto dei principianti, degli scappati di casa. "Forse vi avevo sottovalutato". Ed i successivi istanti non fecero nulla per cambiare la sua opinione. Kumar provò a liberare dalle corde Percival, pensando che quest'ultimo fosse disposto ad aiutare nel combattimento, ma il brigante inglese si diede alla fuga.

Xander fu ferito gravemente da fendenti multipli. Perse il controllo e si scagliò violentemente contro l'avversario, con caratteristiche licane che si mostrarono sul suo braccio e sul volto. Riuscì a strappare un solo colpo andato a segno prima di venire atterrato, in gravi condizioni. 

Malgrado l'emozione predominante era la disperazione, questa si canalizzò in determinazione per chi era ancora attivo. Kumar sfruttò il suo braccio ancora in funzione per estrarre ed usare la sua Colt Dragoon e far esplodere la mano dell'avversario facendogli perdere l'arma. Frecce trovarono il loro bersaglio, sulla schiena e sul piede. 

L'uomo iniziò a ridere in modo convulso. "FUNZIONA! FUNZIONA!" urlò. La sua mano si stava rigenerando a vista d'occhio. iniziò ad avanzare spavaldo contro gli altri. Lo spirito bovino lo tempestò di colpi e Kumar esplose un proiettile sul volto dell'avversario, dilaniandolo. Il corpo sembrava continuare a rigenerarsi, fino a divenire un essere deforme e non funzionate.

La sua mano aveva dodici dita, le costole distrutte dallo spirito si ricostruirono giganti, spuntando dalla sua pelle, come lame affilate. La sua faccia arrivò ad avere 12 bocche, tutte sorridenti. Il corpo si accasciò a terra e continuò a muoversi per qualche istante. Kumar gli sparò ancora, per essere sicuro fosse morto. Sul suo corpo, solo un biglietto da visita, con un nome: Adam Cooper. 

Il gruppo ebbe tempo di riprendersi e presentarsi ufficialmente, soprattutto dopo aver portato Kumar e Xander da un medico per ricevere delle cure. 


Xander, il medico inglese con segni di licantropia, arrivato a Delhi alla ricerca di chi l'ha conciato così. Un potere che non ha voluto e che non sa come sfruttare. Non ha indizi, non ha un volto, solo poche informazioni confuse.


Jyotirdhar Gopala, un sacerdote di Visnu, dedito alla lotta contro il male, aiutato da uno spirito, che lui ritiene essere un messaggero del suo dio. La sua forte predisposizione nell'aiutare il prossimo, lo sprezzo del pericolo, la grande passione per la sua gente e ricettacolo di visioni divine, lo aveva portato in quel luogo intriso di male.


Akshay Kumar. Soldato, fedele, abile, caparbio, efficiente. Un incontro con uno Yeti che devastò i suoi commilitoni, gli fece abbandonare l'esercito e mettersi sulle tracce di ogni cosa occulta. Curiosamente, Xander per lui è un "mezzo Yeti" e niente sembra scalfire il suo cervello. Nel bene e nel male.



Di Mohit Sinjali si riuscì a capire solo il nome, scritto nel terreno dal suo arco. Disegnò altro sul terreno. Montagne, probabilmente la sua casa. Strani mostri. Grugniti vari. Indicavano qualcosa simile ad una caccia, un avversario risoluto, non ancora sconfitto e forse l'obiettivo del suo allontanarsi dalle montagne. Tutte speculazioni.

Dopo un giorno di recupero, le visioni di Jyotirdhar, ricondussero il gruppo nel luogo del misfatto. Oramai avevano capito che procedere insieme poteva essere positivo per tutti. Il cadavere dell'inglese non c'era più. I segni della battaglia però permanevano nella stanza. 
Una porta, semiaperta, dava in un locale interrato.



Entrarono lesti e pronti a tutto, allarmati da rumori. All'interno di questa sorta di cantina c'era Percival Cox. Brigante inglese, con un forte odore di alchol alle sue spalle. E davanti. L'unico suo interesse sembravano essere i soldi. Una sorta di mercenario agli occhi degli altri. Un'occasione da sfruttare per entrambi. 


Nella cantina era rimasta poca roba. Qualche foglio, chiaramente parte di un insieme, difficile da decifrare da solo. Qualche informazione su tecniche di trasfusione, su campioni di sangue. Fogli con parti di disegni di antichi rituali indiani, che turbarono profondamente Jyotirdhar. Un simbolo: quello dell'università di Calcutta. Nata da pochi mesi. 
La meta sembrava quindi chiara. Ma all'uscita dall'edificio, spari ed urla iniziarono ad echeggiare nella città. I Moti Indiani erano arrivati vigorisi ed all'improvviso.

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Phoenix staccò la sua mano dal braccio di Evelyn. Riaprì gli occhi. Si alzò dal divano ed andò in cucina a versarsi da bere. Dopo aver deglutito l’ultimo sorso, sospirò. “Ma è mai possibile che il destino del mondo sia sempre in mano a degli scappati di casa? Credo con questa gente abbiamo superato ogni limite immaginabile.”

“Sono però persone interessanti! Diverse dal solito!” Disse Ilythirra, ridacchiando e stiracchiandosi.

"Eh, porca puttana Ily. Quello più normale forse è Akshay Kumar. Cioè uno è un muto che si esprime in grugniti. Neanche la psicometria riesce a capire qualcosa di più andando a sondare le emozioni degli eventi".

"Ma questo era il diario custodito nella casa mascherata magicamente. Qualcosa vorrà pur dire no? Inoltre, direi che siamo diventati esperti nel guidare o seguire i gruppi più improbabili alla vittoria."

Jack interruppe il battibecco. "Vedo movimenti sospetti fuori."

"Di già?" Phoenix raccolse il suo fucile Beowulf appoggiato alla parete. "Dove vogliamo andare ora? Cambiamo stato?" 

Ilythirra sorrise. "Si va in Tuerm". 

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01 09 10