Nel cuore del Galles, nel 1821 fu edificata una villa. Elegante, sfarzosa, con un imponente giardino. Il nome di chi commissionò la sua costruzione, come quello di chi ci abitò, è perso nelle pieghe del tempo.
Non si trovava fuorimano rispetto alle costruzioni contemporanee alla sua costruzione e quelle del 2032, ma nessuno era conscio della sua esistenza. La villa è stata protetta per un secolo da un incantesimo di manipolazione della memoria. Chiunque posasse i suoi occhi su di essa, ne scordava forma e posizione geografica nel giro di pochi minuti. Un incantesimo che ha resistito a lungo. Fino a quando non fu spezzato. Brutalmente, con una magia di disgiunzione così forte da causare echi nelle leyline terrestri e nel mana della regione. Da perfetto sconosciuto a v.i.p. in un battito di ciglio.
Una macchina si fermò dinanzi alla villa. Scesero due uomini, veloci e precisi nei movimenti. Entrambi armati. Il primo con due pistole di alto calibro, una lungo la gamba destra e l'altra di spalle. Un'accetta da lancio riposava in un fodero ad altezza della coscia. Il secondo con un fucile d'assalto spianato. Entrarono nell'edificio in fretta, come se braccati da nemici invisibili.
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"Devo ammettere che l'aspetto è molto meno rovinato di quel che mi aspettassi dopo un secolo di abbandono".
"Forse l'incantesimo ne preservava la salute nel tempo, oltre che renderla invisibile alle menti".
"Forse. Hai idea di dove possa essere quel che cerchiamo?"
"Decisamente no. Dividiamoci, faremo più in fretta."
Non era possibile fare affidamento su una piantina dell'abitazione. Dell'edificio fantasma non v'era traccia neanche al catasto o in qualsiasi altro database. Unica prova della sua esistenza erano foto satellitari, scattate da macchinari senza una mente da ingannare magicamente. I due iniziarono a ribaltare ogni stanza. Mobili, cassetti, scaffali. Sempre più velocemente, sempre con minor precisione e delicatezza.
Un'ulteriore porta aperta con un calcio sulla serratura. Uno studio. Una libreria.
"Speriamo che il padrone di casa sia stato così lungimirante da avere il suo diario proprio nel posto più ovvio."
Nella stanza c'era uno specchio. Prima di iniziare a scandagliare tutti i libri, si soffermò un attimo ad osservare la sua figura. Lo faceva spesso oramai. Il suo corpo mostrava i primi segni di vecchiaia e questo lo turbava molto. Pensava che il suo sangue demoniaco l'avesse reso immortale, forte per sempre. Invece era un mortale, come tutti gli altri. Avrebbe solo impiegato più tempo a mostrare i segni del decadimento fisico. E quel momento era arrivato.
Un'esplosione interruppe il suo pensiero al riguardo. Dalla finestra poté vedere la loro auto in fiamme. Una dozzina di uomini avanzavano verso l'edificio, armi in mano. Si allontanò velocemente dai vetri, per evitare di segnalare la sua posizione.
"Mi ricevi? Abbiamo compagnia. Hai trovato il diario?"
"No. Sono ancora al piano terra, proverò a dargli fastidio io."
Phoenix prese la sua ascia runica. Uscì dallo studio. Puntò le scale. Lanciò la sua ascia con forza e finì conficcata nel muro. Tornò nello studio ed iniziò a cercare. Aveva passato al setaccio metà libreria quando rumori di arma da fuoco riecheggiarono nella villa. Intensi, ma ritmati, tipici di soldati che sanno come cadenzare le proprie armi per la massima efficienza. Il mezzo-demone non interruppe la sua ricerca.
Un doppio fondo nella scrivania rivelò una piccola cassaforte. Una ghiera numerica avrebbe fatto scattare la cassaforte. Era un modello molto vecchio, si sarebbe potuto forzare, ma il tempo non era dalla parte del mezzo demone. Ed il peso della cassaforte non la rendeva l'oggetto più comodo da portare in una fuga rocambolesca. Intonò un incantesimo del Sefirot Hod, chiuse gli occhi e inserì una combinazione randomica, guidata unicamente dall'istinto e dal potere della magia del percorso della probabilità.
La cassaforte si aprì, ed al suo interno, un libro. Phoenix ebbe tempo solo di aprire le prime pagine e capire che si trattava del diario che stavano cercando, prima che rumore di passi riecheggiò nel corridoio, provenienti dalle scale. Phoenix tese il suo braccio destro verso la porta dello studio, a palmo aperto. La sua mano sinistra aveva già estratto la sua fidata pistola ad alta cadenza di fuoco e proiettili perforanti. Perfetta per nemici umani.
Appena il gruppo di soldati, circa cinque secondo il suo conteggio dal rumore dei passi, si fermò per iniziare un'entrata tattica nella stanza, Phoenix richiamò l'ascia. Questa schizzò a grande velocità, andando ad abbattersi violentemente contro tutti gli uomini. Il mezzo demone non rimase nella stanza, ma uscì ad incontrare la sua ascia giusto fuori la porta. I nemici erano stati tutti colpiti. Un paio erano feriti, sanguinanti, avendo impattato con la lama dell'arma. Altri erano semplicemente scossi, slanciati dall'oggetto contro il muro. Tutti avevano perso la concentrazione, le canne delle loro armi che puntavano a direzioni casuali. Seguì una scarica di 9 colpi di pistola, in rapida successione.
Al piano inferiore c'erano un'altra dozzina di corpi degli assalitori. In aria si sentiva solo un leggero respiro affannoso. Jack era al riparo dietro un grosso divano, con un'imbottitura generosa, ora sparsa per la stanza. A terra una capsula esaurita di stimolatore per la rigenerazione delle ferite e due caricatori vuoti, uno del fucile d'assalto e l'altro della pistola. Jack era impegnato a ricaricare le sue armi.
Phoenix guardò fuori dalla finestra, verso il giardino. C'erano un paio di furgoni corazzati, aperti, con giusto un paio di uomini rimasti di guardia. La prima ondata di assalitori, quella appena fermata. In lontananza si poteva udire il fischio di turboreattori vettoriali in avvicinamento. In pochi istanti sarebbero arrivate altre truppe, probabilmente anche più pesantemente armate.
Phoenix guardò lo strumento di comunicazione che avvolgeva il suo polso. "Deus Ex Machina". Digitò un codice ed un conto alla rovescia apparve sul suo schermo dopo una positiva spunta verde di conferma. Dieci minuti attesi all'arrivo della cavalleria.
Phoenix tornò a guardare fuori. Da uno dei mezzi volanti scese anche uno di loro. Spavaldo. Vestito in modo elegante e raffinato. Vestiti di sicuro ricavati da tessuti antiproiettile ed ulteriormente rafforzati magicamente. Sul suo fianco destro una fondina nascondeva una pistola. Dalla forma sembrava essere un diffusore al plasma cinese, ma la distanza non permetteva di scorgere dettagli più precisi. Istintivamente la mano destra di Phoenix si portò sulla Red Baron, il suo revolver anti mostro, con proiettili perforanti esplosivi. Intorno all'elegante figuro le sue guardie del corpo scelte. Quattro soldati equipaggiati di tutto punto. Armatura potenziata di primo livello, abbastanza per dare ad un normale uomo protezione e forza tali da poter gestire mostri e superumani minori in solo, ma non così massicce da alterare peso e forma dell'utilizzatore. L'angolo della bilancia pendeva ancora sull'abilità del singolo uomo.
Dietro di loro, una dozzina di uomini simili ai precedenti, ma visibilmente equipaggiati meglio. Uno di con un lanciagranate iniziò a sparare contro la villa.
In un istante la stanza fu piena di fumogeni termici. Progettati per dare fastidio non solo alla vista dei mortali, ma anche a tutti i sistemici termici, notturni e visioni crepuscolari dei mostri più comuni. Del fuoco di soppressione coprì l'avanzata degli uomini nella villa.
Phoenix e Jack si ritirarono verso stanze più interne. Dovettero agire di astuzia per avere la meglio sugli assalitori. Jack poteva offrire fuoco di soppressione o colpi precisi dalla distanza a seconda della situazione. Phoenix era il power-player, sfruttando la sua forza ed agilità sovrumana per soverchiare i poveri assalitori, dei semplici umani.
Tra un colpo di pistola ed una carica con accetta, l'occhio cadeva sempre sul bracciale al polso. 6 Minuti. 3 minuti. 2 minuti.
Stanchi, feriti, a 20 secondi dalla fine del countdown, un rumore via via più assordante iniziò a tuonare fuori dalla villa. Un rumore di un pezzo di metallo accelerato da un potente propulsore, in avvicinamento. I pochi soldati nemici rimasti fermarono la loro offensiva. Si girarono verso una delle finestre per vedere cosa stesse accadendo. Un enorme esplosione scosse l'antico podere.
All'esterno, dal razzo rovinosamente atterrato nel terreno, esplose la sua parte anteriore, rivelando la sua natura. Non quella di razzo esplosivo con del detonante, ma con un cargo non meno letale. Dalla struttura balzarono rapide due figure. La prima fu quella di un umano pesantemente modificato tecnologicamente. Un braccio e le gambe erano visivamente meccaniche, così come metà del suo volto. Si lanciò sul primo malcapitato, tagliandolo a metà con una katana. La seconda figura era molto più eterea, più difficile da vedere, ma le forme più femminili erano comunque apparenti. Si scagliò al collo di uno degli avversari, decapitandolo con un morso ben assestato.
I suoni della battaglia riecheggiarono roboanti. I soldati rimasti rimasero sbigottiti dalla furia e violenza dei nuovi arrivati, soprattutto dal sistema estremamente pericoloso col quale decisero di arrivare sul campo di battaglia.
Phoenix scattò fuori dalla villa, favorito dal caos e sparò un colpo della sua Red Baron contro il capo nemico. Per sua sorpresa, il proiettile esplose prima di arrivare a contatto. In un modo che non vedeva da molto tempo. Come se fosse stato fermato da una di quelle barriere di energia create dagli alieni rettiliani. Tecnologia ancora non replicata dagli umani e soprattutto non in scala umanoide.
Questo diede all'avversario di estrarre con tutta calma la sua arma e fare fuoco. La sfera di plasma prodotta costrinse Phoenix ad una schivata acrobatica abbastanza complessa che lo bilanciò completamente.
Gli avversari si ritirarono su uno dei loro mezzi volanti per evitare altre perdite, con i soldati scelti chiudersi a testuggine intorno al loro capo. Quel che era un tempo un bel giardino, era oramai irrimediabilmente bruciato.
"Avete trovato quel per il quale siete venuti?" Chiese Karen.
Phoenix indicò la scatola di metallo appesa alla sua cintura. "Al sicuro qui dentro. Ora cerchiamo di raggiungere i nostri esperti di psicoscopia. Prendiamo uno dei loro mezzi ,cercando di disattivare il GPS prima. Shinji, puoi pensarci tu?"
Il cyborg finì di pulire la sua lama e si mise al lavoro sul sistema elettronico del mezzo.
"Speriamo di trovare le risposte a quel che cerchiamo qui dentro. Ed ora via, prima che arrivino altri".
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