Piattaforma: 3DS Data di uscita: 20/05/2016
La saga di Fire Emblem ha sempre avuto un posto speciale nel mio cuore. Il primo episodio ad essere arrivato da noi, nel lontano 2003 su GBA, fu il mio primo gioco veramente serio. Macinai poi tutti gli episodi della saga, anche quelli più oscuri. Fates è all’altezza del pedegree della serie?
Scusate l’introduzione
Fire Emblem è sempre stata una saga altalenante per stile, toni e qualità. Si è passati negli anni da storie striminzite, semplici e fatte di bianco e nero, ad altre più complesse, multistrato, con temi anche un po’ scottanti e pesanti infilati in mezzo e con tanti feels. La saga però è sempre rimasta molto di nicchia e non è mai stata nelle parti alte delle classifiche mondiali di vendita. Con l’ultimo capitolo, Awakening i ragazzi di Intelligent System hanno voluto dare una svolta: puntare di più sul fattore anime, avendo personaggi mediamente più sgargianti per via dei loro tratti caratteriali e fisici più memetici rispetto al passato e inserendo meccaniche che farebbero felici ogni otaku che si rispetti: formare coppie virtuali tra i membri del proprio esercito per formare la famiglia e le coppie perfette. Ha funzionato in quanto le vendite di Awakening hanno salvato la saga che ora è diventata abbastanza importante.
Fire Emblem Fates continua su questo stile e propone al giocatore un nuovo modo di implementare le scelte del giocatore rispetto a tanti altri giochi di ruolo e strategici sul mercato. Invece di prendere le proprie scelte nel gioco, questa volta dovremmo farle al momento dell’acquisto, perché il gioco verrà venduto in 3 versioni distinte. Il nostro protagonista è un principe strappato in tenera età dalla sua famiglia ed è cresciuto nel regno che l’ha rapito. Il gioco lo metterà di fronte ad un’ardua scelta: con chi schierarsi? Con chi ti ha allevato o con la tua vera famiglia? Volete combattere per i primi? Dovrete comprare la versione Conquista. Volete i secondi? Allora dovrete comprare quella Retaggio. Ma attenzione, c’è una terza via! Non schierarsi da nessuna parte e risolvere i problemi per conto proprio! In questo caso servirà comprare Rivelazione, disponibile solo nell’edizione speciale limitata o come DLC a parte a partire da giugno. Ogni gioco è completo, è un’esperienza a se ed unica quindi c’è tanto valore nel prenderli tutti insieme, ed il costo è proporzionato. Per avere l’intera esperienza di Fates occorre spendere sulle 80€. Per questo motivo, ed anche perché l’edizione limitata è stata brasata in poco tempo, ho potuto giocare e quindi recensire solo Conquista.
Waifu, manga e deus ex
Reintroduciamo l’intreccio narrativo. Il protagonista di questo Fire Emblem è un personaggio semi personalizzabile nell’aspetto e nel sesso dal giocatore. È un principe di Nohr, che ha vissuto una vita reclusa in una torre. Quando inizia a vedere il mondo con i suoi occhi, finisce invischiato nella guerra tra il regno di Nohr e quello di Hoshido, che racchiude la sua vera famiglia. Infatti il protagonista era un principe di Hoshido rapito in tenera età. Perse la memoria ed ha sempre creduto di essere nativo del regno rapitore. I primi sei capitoli su una trentina totali, quindi un 20% dell’avventura, sono usati per introdurre il giocatore a tutto questo intreccio, già noto dai numerosi trailer del gioco. Il problema è che la maggior parte della storia è mossa da deus ex machina, anche troppi a mio avviso. Personaggi che appaiono all’improvviso, oggetti che svolgono funzioni improvvise, strane regole del mondo che vengono introdotte quando più conviene e mai più usate al di fuori del singolo contesto…. e tutto concentrato in questi primi sei capitoli. L’effetto è a mio avviso abbastanza straniante e non aiuta a creare un mondo coerente ed avvincente, non introduce lentamente il giocatore al mondo, ma spara con violenza sparafleshate a ripetizione. Il capitolo 6, il punto nevralgico del gioco, quando verrà compiuta la scelta… è molto più anticlimatico di quello che dovrebbe essere. La storia in Conquista prova ad essere matura ed a mettere pressione morale sui protagonisti, cerca di porsi come un gioco “grigio” ma si vede troppo nettamente la divisione tra bene e male e la scelta di voler continuare a rimanere dal lato Nohr è dannatamente forzata e l’idea di fondo di voler cambiare le cose dall’interno impiega troppo tempo a partire e si conclude non proprio nel miglior modo possibile. Corrin, il vostro Avatar, inoltre è un personaggio che ho trovato abbastanza odioso, per essere il protagonista principale è particolarmente sottotono, sono le famiglie reali a tenere su la baracca e neanche così bene. Inoltre, qui mi scuso se vado in territorio leggermente spoileroso, le motivazioni dietro al piano del cattivo sono davvero, davvero becere. La base per una narrativa umana e basata sui compromessi c’è, ma è buttata al vento da nemici macchietta e dalla corruzione da parte di esseri supremi che hanno come solo scopo la distruzione del mondo perché sì. Senza contare che il finale è visibilmente monco, ad indicare che per capire tutto dovremmo giocare Rivelazione.
Conquista a mio avviso soffre anche di un altro problema. Il protagonista ha passato la maggior parte della sua vita con i suoi fratelli adottivi in Nhor. Hanno un passato condiviso, ci sono delle meccaniche tra i protagonisti già instaurate prima che il giocatore possa comprenderle ed assaporarle lui stesso. Invece con i fratelli di Hoshido, quelli veri, non c’è questa alchimia ed è un rapporto che si deve instaurare nel corso dell’avventura sia per il giocatore che per il protagonista. Quindi cosa succede in Conquista…. il giocatore si trova a dover affrontare persone a lui sconosciute con le quali non ha un vero legame emotivo ed è accompagnato da un gruppo di persone che hanno pochi motivi per farsi conoscere perché lo sono già affossando il possibile legame emotivo generale della storia. Fortunatamente i dialoghi di supporto tra le unità sono ottimi per far trasparire le personalità, il passato, i vizi e le virtù del cast e ci sono un po’ di personaggi simpatici e particolari, anche se personalmente non ho trovato nessun personaggio talmente buono da soppiantare i miei vecchi idoli della saga.
Un altro aspetto che mi ha fatto storcere il naso non poco è l’inclusione dei figli in questo episodio. Questa meccanica è stata proposta in 3 Fire Emblem fino ad oggi. In Genealogy of the Holy War avevamo proprio un passaggio di tempo, con la seconda parte della storia ambientata 17 anni dopo la conclusione della prima e quindi con abbastanza tempo per mettere insieme figli e padri sul campo di battaglia. In Awakening i figli venivano da un futuro alternativo dove i loro genitori erano morti ed il mondo era sull’orlo dell’estinzione ed il loro viaggio indietro nel tempo serviva per evitare questo disastro dall’accadere. Un po’ esagerato, ma in linea con la storia. In Fates invece abbiamo gravidanze lampo tra le coppie, che piazzano i loro figli per tenerli al sicuro in una tra tante diverse dimensioni parallele dove il tempo scorre come vuole lui, dove i figli raggiungeranno una certa età e poi si uniranno con voi sul campo di battaglia. Non sono integrati nella storia e non aggiungono nulla. Servono solo a soddisfare l’ego di tutte le persone che si sono schiantate nel creare coppie in Awakening. Insomma, il quadro narrativo è generalmente sottotono. Brutto assolutamente no, ma tende al melodrammatico più del necessario, e si ha la sensazione che il prodotto non sia completo, di aver visto solo uno spicchio dell’offerta e non la migliore. Si poteva fare davvero tanto di più con un background del genere, invece siamo di fronte alla giapponesata di serie B, non quella di serie A.
Il Triangolo no……
Fortunatamente il gioco meccanicamente è solido, andando a cambiare anche radicalmente alcune meccaniche storiche della saga. Partiamo con cosa è rimasto uguale. Comanderete sempre sul campo personaggi unici, appartenenti ad una classe e che accumuleranno punti esperienza con le uccisioni che faranno sul campo, salendo di livello ed aumentando le proprie statistiche. Si gioca su una mappa discretizzata in settori quadrati, e si alterneranno il turno nostro e quello avversario, con un’azione di movimento ed attacco per unità a turno. La dinamica del triangolo delle armi è rimasta per introdurre il concetto di sasso-carta-forbice che ragola vantaggi e svantaggi tra determinate tipologie di armi. Chi usa spade e magie avrà la meglio su chi fa uso di asce ed archi. Queste ultime due invece saranno ottime contro lance e shuriken, che invece funzioneranno bene contro le prime della lista. I cambiamenti riguardano una meccaniche storica ed una recente. La durabilità delle armi non c’è più. Negli altri Fire Emblem le armi avevano un numero limitato di usi e più un’arma era potente meno usi aveva. Questo portava al comprare ed usare in massa solo le armi di ferro o acciaio, quelle con compromesso migliore tra durata, danno e costo. Ora invece non c’è più questo problema e quindi il team di sviluppo ha introdotto un’altra meccanica per equilibrare il sistema: la riduzione delle statistiche. Le armi d’argento, notoriamente famose per essere le più forti, ma anche pesanti e fragili, ora dopo essere usate per attaccare danno una penalità alle statistiche dell’utilizzatore, andando a favorire l’uso attivo di queste armi da parte di tutto il party a rotazione. Il problema è come si recupera da queste diminuzioni: di 1 punto a turno. Quindi, se usare una spada mi da un -2 ad una statistica, impiegherò 2 turni a ritornare al massimo, se non eseguo altri attacchi, altrimenti il malus si risetterà. Il risultato? Esattamente punto ed a capo: molto meglio buttarsi in mezzo alla mischia fregandosene dei malus con le armi di ferro. Questo è almeno quanto mi è sembrato meglio fare apprendendolo durante una run a difficoltà normale, forse dopo diverse passate si potranno intravedere tattiche migliori. L’altro cambiamento, questa volta effettivo, è alla capacità di unire due unità in una sola, attraverso il supporto. Ora sono stati separati il concetto di attacco e difesa. Quando combino due unità in una, la seconda si dedicherà solo a parare gli attacchi e mai ad attaccare, mentre per effettuare un doppio attacco occorre che le unità siano separate ed adiacenti. Se una formazione d’attacco colpisce una da difesa, gli attacchi extra saranno sempre parati. Siccome ora anche i nemici fanno uso di queste manovre, il sistema appare più organico e meglio integrato nel gioco e non è più un pulsante “vinci facile” come poteva essere in Awakening, ma ora deve essere usato un po’ più tatticamente.
Conquista segue la via classica dei Fire Emblem, ovvero propone una successione lineare di livelli, con eventuali capitoli extra per reclutare i figli, quindi da al giocatore un pool limitato di esperienza e denaro, quindi scegliere chi allenare e chi dimenticare diventa importante. Fare figli diventa quindi importante per avere accesso a quanti più capitoli extra per ottenere più esperienza possibile. Si è molto detto come Conquista sia il capitolo più difficile, quello per i veterani ed ho sentito di gente che lo equipara a Radiant Dawn…. Il gioco offre le difficoltà normale, difficile e lunatico, con un’ulteriore cambiamento della variante della morte permanente dei caduti in battaglia, che può essere per sempre, per la battaglia in corso oppure può essere eliminata con le unità che ritorneranno vive il turno dopo la loro sconfitta. Quest’ultima modalità, chiamata fenice, è un modo per invogliare anche i meno adepti ad avvicinarsi al gioco, anche se a mio avviso lo statura troppo. Allora quindi, andiamo al succo: i livelli sono belli e tosti? Diciamo di si. Le mappe avranno spesso meccaniche uniche che daranno vantaggi e svantaggi sia a voi che ai nemici e dovranno essere sfruttate al meglio per la vittoria. La difficoltà però non è sempre ben calibrata. A volte ci troviamo davvero di fronte a sfide tattiche impegnative che richiedono la nostra attenzione per essere superate al meglio, altre volte si scade del frustrante. Il problema principale sono le nuove armi shuriken, abusate dalle truppe di Hoshido contro le quali combatterete spesso. Non sono molto forti, ma possono attaccare a distanza oltre che da vicino ed infliggono delle pesanti diminuzioni di statistiche che renderanno i vostri uomini sempre più inutili. Questa diminuzione si applica anche quando gli shuriken non infliggono danno, rendendo molti scontri più frustranti del dovuto. A questo si aggiungono stregoni nemici con bacchette in grado di silenziare ed immobilizzare le vostre unità con precisione 100% ed alcune mappe a tempo diventeranno frustranti per questo motivo. Alla fine ho adottato una tattica un po’ becera, ovvero fare tutte le missioni unicamente con il protagonista principale, che era diventato talmente forte da poter gestire una mappa quasi da solo, giusto qualche supporto da parte di Xander e qualche pozione curativa e si stava posto. Alcune missioni diventano incredibilmente più semplici se si affrontano volutamente sotto organico solo con unità forti, così da avere meno grattacapi. In generale però le mappe sono inventive e presentano delle ottime sfide. C’è da dire che i tanto pubblicizzati poteri del drago che hanno i reali, in grado di alterare radicalmente le mappe di battaglia… si integrano bene con l’inventività delle mappe, anche se la loro utilità effettiva varia di molto, andando dall’obbligatorio all’inutile.
A questo si aggiunge anche tutta la parte legata all’online. Il protagonista avrà un proprio castello che verrà costruito nel prosieguo della campagna ed ospiterà negozi per fare acquisti ma anche strutture più esotiche, come terme per socializzare con i vari personaggi. Questo castello potrà essere visitato ed invaso da altri giocatori e questo servirà ad accumulare risorse per acquistare oggetti cosmetici per i propri personaggi o per forgiare armi uniche. Non ho avuto modo di testare questa funzionalità devo dire e mi interessa anche poco, ma è di sicuro più complessa di tutti i precedenti Fire Emblem.
Non mi dilungo su grafica e sonoro: sono ottimi. Lo stile di Yasuke Kokazi mi piace tantissimo per come delinea i personaggi: basta guardarli per individuarne subito il carattere ed i tratti fondamentali. Musicalmente vediamo l’introduzione di pezzi cantati, davvero belli, che ben si mescolano col il tono generalmente epico del resto delle musiche.
Quindi, a tirare le somme? Il gameplay c’è. Le sfide sono avvincenti e richiedono un po’ di impegno e la mancanza di poter salire di livello all’infinito aiuta a dover impostare una strategia per la durata della campagna e non stare a grindare fino a quando non si ha una squadra formata da soli semidei. I cambiamenti sono mirati anche se riescono a cambiare le carte in tavolo solo a metà. È la storia ed i suoi personaggi che ho trovato davvero sotto le aspettative. Globalmente meglio di Awakening, ma mi ha infastidito di più sulle cavolate, sulle giapponesate di basso livello e sul melodramma senza un vero appiglio emotivo. È un ottimo gioco che però non raggiunge le vette della serie. Almeno secondo il mio parere, che è un po’ controtendenza devo dire, forse con la vecchiaia sto diventando sempre più pignolo.
Stay Classy, Internet
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